L’adolescenza è il momento in cui inizia un confronto con le proprie possibilità e capacità. Ed è anche il momento in cui può manifestarsi, in chi è predisposto, un desiderio di perfezionismo, o comunque l’attrazione verso obiettivi elevati. Ne possono derivare risultati positivi, ma anche forti delusioni e reazioni ansiose e depressive.
Bisogna distinguere tra il semplice desiderio di ottenere risultati eccellenti e il vero e proprio perfezionismo: nel primo caso si punta a quei risultati, ma con una certa flessibilità; il vero e proprio perfezionista mira invece a risultati idealizzati ed estremamente elevati, senza mediazioni. E quando bisogna recedere, possono presentarsi difficoltà psicologiche. La questione del perfezionismo tende a emergere durante l’adolescenza perché è anche il momento in cui crescono le aspettative da parte della famiglia e della scuola, oltre che quello in cui cresce la consapevolezza dei ragazzi nei confronti di tali aspettative.
Questione di autostima
La tendenza verso risultati elevati e il perfezionismo vero e proprio hanno molto a che fare con l’autostima e con alcuni tratti di personalità. Un recente studio pubblicato sul British Journal of Psychology, primo firmatario Kristina Bien dell’Istituto di Psicologia dell’Università di Amburgo, ha esaminato attraverso specifici test oltre 700 adolescenti tedeschi, mostrando che quanti mirano al perfezionismo vero e proprio presentano modalità di pensiero e di comportamento meno aperti, minor livello di fiducia in sé stessi e modalità di pensiero e comportamento più nevrotici, rispetto a quelli che, in maniera più flessibile e possibilista, puntano solo verso risultati elevati.
Assumere un perfezionista? I pro e i contro
Chi non sarebbe contento di assumere un perfezionista, sapendo che i compiti assegnati saranno realizzati con attenzione, nei tempi prestabiliti? Eppure bisogna porre attenzione al perfezionismo, saper fare delle distinzioni. Infatti è tutta una questione di gradi, perché questo tratto di personalità può garantire una buona riuscita nei propri compiti solo fino al punto in cui diventa un impedimento per l’individuo, per il suo sviluppo, le sue relazioni sociali e il suo livello di benessere.
Perfezionismo «sano»
«Oggi si tende a tenere distinti un perfezionismo sano e un perfezionismo “clinico”: il primo è caratterizzato dalla tendenza a porsi standard elevati e a perseguire con tenacia i propri obiettivi, senza che la propria autostima venga compromessa dall’eventuale insuccesso; il secondo si riferisce non tanto al porsi obiettivi elevati, quanto al ricercare risultati perfetti, ineccepibili» dice Silvia Casale, professoressa di Psicologia Clinica al Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Firenze.
«Ma non tutti sono d’accordo con questa distinzione. Altre voci autorevoli in materia mettono in discussione l’esistenza di un perfezionismo che possa essere definito salutare, o quantomeno non ritengono corretto usare il termine perfezionismo per fare riferimento alla mera ricerca di standard elevati».
Non superare il «livello di guardia»
Al di là della possibilità o meno di tracciare una netta demarcazione tra un perfezionismo «normale» e uno problematico, gli specialisti sono d’accordo sul fatto che oltre un certo livello tale predisposizione ha effetti negativi. «Questo accade ad esempio quando è evidente una forte preoccupazione verso la ricerca di standard e performance personali eccessivamente elevate e irrealistiche, con tendenza a giudicare il proprio valore personale in base al raggiungimento di tali standard» spiega Casale. «E quando questi standard non sono raggiunti, l’individuo diventa severamente critico verso le proprie prestazioni. In poche parole, il perfezionismo ha un significato clinico, ossia è potenzialmente associato a esiti negativi per il benessere, nel momento in cui la valutazione di sé stessi dipende in modo eccessivo dal raggiungimento di obiettivi estremamente ambiziosi e talvolta irrealistici.
«Perfezionismi»: orientato verso sé stessi o verso gli altri
Quando, cioè si è costantemente preoccupati di fare errori e delle conseguenti valutazioni negative. Questo è il cosiddetto perfezionismo orientato verso sé stessi. I genitori dovrebbero fare attenzione a segnali di tal genere provenienti da adolescenti che puntano costantemente a performance ineccepibili e che legano la propria autostima al raggiungimento di tali obiettivi. Soprattutto se a fare le spese di questo bisogno di perfezione sono le relazioni sociali e il rendimento scolastico. Nei casi in cui questo atteggiamento persista, potrebbe essere indicato un aiuto professionale. Esistono poi altre forme di perfezionismo: quello orientato verso gli altri, caratterizzato dall’imposizione di standard irrealistici ad altre persone, e un perfezionismo socialmente prescritto, caratterizzato dalla convinzione che gli altri esigano da noi risultati perfetti.
«Queste varie forme di perfezionismo sono relativamente associate, infatti se una persona ha maturato fin dall’infanzia la convinzione che l’ambiente circostante accetti da lei solo risultati ineccepibili, sarà molto più probabile che diventi un adulto che pretende da sé stesso risultati perfetti. Ovviamente, tutto ciò va interpretato in termini di probabilità minori o maggiori, senza rapporti di causa-effetto fissi e determinati».
Perfezionismo «clinico»
Il perfezionismo «clinico», così come è stato definito, è un fattore di rischio per altri disturbi psichici, ossia può contribuire al loro svilupparsi o anche alla loro persistenza nel tempo. «Ci sono evidenze scientifiche solide rispetto al suo ruolo nei disturbi del comportamento alimentare» dice ancora Casale, «il cui esordio è mediamente collocato in adolescenza o poco prima, ma anche nel disturbo ossessivo-compulsivo, o nei disturbi depressivi e d’ansia. Inoltre sappiamo che il perfezionismo clinico può essere implicato in fenomeni di procrastinazione scolastica e in difficoltà connesse al sonno.
Perfezionismo e disconnessione o ritiro sociale
«Esiste anche un legame tra perfezionismo e disconnessione o ritiro sociale. Gli individui con alti livelli di perfezionismo possono percepirsi poco accettati, incapaci di soddisfare costantemente le aspettative degli altri. In adolescenza questi ragazzi sperimentano uno scarso senso di appartenenza, un elemento che in quel periodo della vita risulta molto importante per il benessere soggettivo. Ne conseguono una demotivazione a cercare supporto e la possibilità di una serie di complicazioni, come ipersensibilità interpersonale, ostilità, e alienazione. Alcuni autori hanno proposto un modello teorico chiamato Perfectionism social disconnection model, proprio per mettere in luce il legame tra perfezionismo e disconnessione sociale, ovvero i rischi che elevati livelli di perfezionismo comportano sul piano sociale in termini di disconnessione e isolamento».
Timidezza
Ma se il perfezionismo può essere un punto di partenza per l’isolamento sociale, va tenuto distinto da un altro tratto di personalità connesso alle difficoltà di integrazione, la timidezza che, entro certi limiti, può essere disturbante ma non è patologica. Può diventarlo anch’essa, quando si arriva a sperimentare una tale ansietà nelle situazioni sociali, che si finisce per tendere a evitarle, con conseguente compromissione delle relazioni interpersonali. La compresenza di elevati livelli di perfezionismo e di timidezza patologica rappresenta ovviamente una situazione psicologica di significativa vulnerabilità.
L”influenza dei social media
E a proposito di vita relazionale, va tenuta presente, specialmente in età adolescenziale, l’influenza che su questi aspetti di personalità giocano i social media, sempre più determinanti per la socialità. «Esistono diversi tipi di relazione tra perfezionismo e social media» spiega Casale.
«Innanzitutto, coloro che hanno necessità di promuovere attivamente la propria perfezione, particolarmente le persone con tratti narcisistici, trovano nei social media un terreno ideale, perché attraverso questi strumenti le proprie autocelebrazioni possono raggiungere simultaneamente un ampio numero di persone. D’altro canto, i social media rappresentano un canale di comunicazione altrettanto efficace per coloro che manifestano il bisogno di apparire perfetti occultando mancanze e imperfezioni.
Rispetto alla comunicazione di persona, i social media offrono maggior controllo. Le persone hanno più tempo per confezionare il messaggio che invieranno o rispondere a quello che ricevono. E poi va anche ricordato che oggi i social media più usati dai giovani hanno filtri e dispositivi che consentono di ritoccare le immagini. Una tentazione per chi desidera mostrarsi perfetto, soprattutto nel proprio aspetto fisico. I social media più utilizzati da pre-adolescenti e adolescenti sono basati sulla condivisione di immagini spesso focalizzate sul corpo. Foto e video, possono essere “migliorati” prima della pubblicazione.
Esposizioni a immagini corporee irrealistiche
«Passare molto tempo sui social media implica lunghe esposizioni a immagini corporee irrealistiche. La letteratura scientifica indica che questa esposizione ha effetti negativi sull’immagine di sé. È se è condiviso socialmente che il corpo è molto importante e deve essere perfetto, l’implicito messaggio dell’uso di filtri, aumenta la probabilità che l’adolescente interiorizzi questo modo di pensare, con tutte le conseguenze del caso».
Chi si preoccupa «solo» di sembrare perfetto
È importante distinguere tra un vero e proprio perfezionista, che si dedica in maniera inflessibile al raggiungimento di obiettivi molto ardui, e chi invece è primariamente preoccupato di dare di sé stesso un’immagine di persona perfetta. Sono due costellazioni psicologiche diverse. «L’esistenza di questa seconda forma di perfezionismo è stata messa in luce per la prima volta da Paul Hewitt, docente al Department of Psychology dell’University of British Columbia, in collaborazione con colleghi canadesi, con i quali il nostro gruppo di ricerca ha poi effettuato vari studi congiunti» dice Silvia Casale.
«Uno di questi studi è stato finalizzato a sintetizzare le evidenze scientifiche sull’associazione tra tendenza a dare una immagine perfetta di sé e sviluppo di alcuni disturbi mentali. Infatti esiste un’ulteriore forma di perfezionismo, che può coesistere con il bisogno di ottenere risultati perfetti, e che ha a che fare con il modo in cui si vuole apparire nei rapporti interpersonali. Tutti gli esseri umani sono costantemente impegnati, in misura minore o maggiore e a un livello più o meno alto di consapevolezza, in fisiologici processi di gestione dell’impressione che danno di sé stessi, il cosiddetto impression management, cioè il tentativo di controllare come gli altri li percepiscono.
Ricerca di ammirazione
«Alcuni sono più impegnati di altri a far sì che tale immagine sia perfetta. Questo può avvenire attraverso la promozione attiva di un’immagine di persona capace e competente, oppure, viceversa, attraverso uno stile evitante e mirato a scongiurare di mostrare qualsiasi imperfezione. In questo caso, c’è una preoccupazione esagerata a tentare di non mostrare le proprie carenze percepite, e/o a evitare di ammettere, verbalmente, mancanze e imperfezioni. La promozione attiva della propria perfezione è particolarmente accentuata negli individui con tratti narcisistici, mentre il nascondere le proprie imperfezioni è più tipico delle persone con ansia sociale. Le persone con tratti narcisistici sono alla ricerca di ammirazione, che è attivamente perseguita attraverso l’uso di tattiche assertive, come vantarsi dei propri successi, piuttosto che tattiche di autopresentazione difensive, come trovare scuse per i fallimenti. Viceversa, le persone con ansia sociale, sia adulti che bambini, temono il giudizio e provano a nascondere i propri errori o a non ammetterli. Non poter mai condividere un risultato non perfetto, d’altro canto, priva dell’importante possibilità di sperimentare l’esperienza di essere accettati anche con i propri errori, e questo a sua volta incrementa l’ansia sociale».
La creatività può essere penalizzata
Il desiderio di perfezione può incrinare la creatività, intesa soprattutto come capacità di utilizzare il cosiddetto «pensiero divergente» un tipo di pensiero creativo che permette di generare molteplici soluzioni o idee originali a partire da un singolo punto di partenza o problema. Un recente studio pubblicato su Discover Psychology, primo firmatario Jean Christophe Goulet-Pelletier del Psychology Department dell’University of Ottawa, mostra in che modo il perfezionismo può bloccare il processo di generazione di nuove idee creative. «Le situazioni nelle quali bisogna generare idee veramente creative per la risoluzione di problemi sono potenzialmente a rischio» dicono i ricercatori. «Quando ci si trova davanti a un esito incerto, proporre soluzioni originali può associarsi a insicurezze e ansie dovute alla paura di fallire e di mostrarsi diversi, di subire critiche, di rendersi ridicoli, di essere respinti».
Lavorare sul bisogno di appartenenza e sull’autostima
Paul Hewitt ha messo a punto una forma di psicoterapia dinamico-relazionale finalizzata ad aiutare chi è impigliato in un atteggiamento perfezionistico che interferisce negativamente con la sua vita. «È un tipo di trattamento psicologico che mette in primo piano le basi relazionali del comportamento umano», spiega. «In particolare lavora sul bisogno di appartenenza e sull’autostima, e si focalizza su come il comportamento perfezionistico offra false promesse nell’assicurare la soddisfazione di questi bisogni fondamentali. Il trattamento punta soprattutto a sviluppare maggiore consapevolezza delle dinamiche relazionali e di quei pattern relazionali che sottostanno al bisogno di perfezione. Così il terapeuta può aiutare la persona a procedere verso modalità più adattive e flessibili per poter arrivare a soddisfare in maniera diversa i propri bisogni di appartenenza e di autostima».
7 giugno 2025
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