
DAL NOSTRO INVIATO
CONEGLIANO (Treviso) – Luca Zaia, ora che ha lanciato la sua candidatura, è pronto a voltare pagina?
«Tutto ha un inizio e una fine — risponde il presidente uscente del Veneto —. Bisogna sempre mantenere la lucidità e vincere la tentazione di abbandonarsi al feticismo, di rimanere attaccati alle cose materiali».
Un po’ di nostalgia no?
«Mi spiace lasciare la guida del Veneto, avevo ancora tanti progetti da realizzare. Ma le leggi si rispettano. E a me è stato vietato di ricandidarmi a presidente».
Dei 15 anni di governo cosa ricorda con più orgoglio?
«Dovrei dire delle infrastrutture, dell’autonomia, della sanità, ma per me rimarrà indelebile l’esperienza del Covid. È stato un grande banco di prova amministrativo e umano. Di lì a tre mesi avrei dovuto andare alle elezioni. Non ci ho pensato un attimo a chiudere tutto, una scelta impopolare. Ricordo che imposi i tamponi obbligatori contro la normativa di allora, mentre il resto d’Italia diceva dalle piazze “Milano e Roma non chiudono”».
Quella fu un’emergenza. Ma un’opera?
«Le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026. Non avevamo titolo per inserirci. La candidatura era solo quella di Milano. Ma anche se mi hanno molto criticato mi sono buttato quando, c’era il governo Conte I, ho visto che il Piemonte aveva presentato una sua candidatura. A quel punto ho scommesso tutto sul fatto che litigassero e a sorpresa l’ultimo giorno utile ho presentato la mia al Cio a Losanna».
Ha deciso di candidarsi: perché ci ha pensato tanto?
«Io rispetto i ruoli e i tempi. Ho preso il giusto tempo per meditare. Poi, di fronte ai veti alla mia lista e al mio nome nel simbolo, cosa inaudita in democrazia, ho deciso che se dovevo essere un problema questo era l’unico modo per esserlo davvero».
Cioè candidarsi per andare alla conta. Ma con chi ce l’ha?
«Con nessuno. Mi sono candidato perché me lo chiedono tanti cittadini che non si riconoscono nei partiti. La Lista Zaia aveva preso il 44% nel 2020. Oggi quel bacino è un contenitore per elettori di varia provenienza. Non sfruttare questo patrimonio è un errore».
Si considera indispensabile?
«No, nella mia scelta non c’è presunzione né vanità personale. Mi candido per consentire ai cittadini che lo vogliono fare di lanciare un segnale forte».
Cosa intende?
«Molti veneti non hanno gradito i veti su di me. I consensi che tutti i sondaggi mi riservano non possono essere trascurati. Adesso vedremo come reagiranno».
I veti arrivano dal centrodestra.
«Ho un ottimo rapporto con la coalizione e penso che Giorgia Meloni stia lavorando molto bene, soprattutto sul piano internazionale. Però non posso accettare che dopo 15 anni di buongoverno io sia considerato da qualcuno un problema. Non chiedo niente per me. Ma il valore di quel che abbiamo fatto non può essere dimenticato».
Potrebbe fare il presidente del Consiglio regionale?
«Non ho in mente nulla. “El can de tanti paroni more de fame” (il cane di tanti padroni muore di fame, ndr). I voti bisogna andare a prenderli. Vale anche per me».
Nel centrodestra sarà una battaglia di tutti contro tutti.
«Vuol dire che sarà una campagna molto combattuta, casa per casa. Sarà una grande opportunità per la coalizione».
Con lei candidato la Lega riprenderà il primato ai danni di FdI?
«Non ho la palla di vetro. Di certo, venderemo cara la pelle».
Nella Lega molti, a partire da Attilio Fontana, invocano un suo ruolo nel partito.
«Siamo tutti utili purché ci sia sintonia sui valori e gli obiettivi».
La Lega non sta benissimo.
«Ho visto periodi migliori e ne ho vissuti di peggiori. Bisogna fare come il bravo surfista che sa che dopo l’onda si può schiantare sullo scoglio e sta attento. Chi non sa surfare, invece, pensa che l’onda duri per sempre e poi va a sbattere».
Frase allusiva. Ma Fontana la vuole in prima linea.
«Lo ringrazio, è un bravo amministratore e persona per bene. Il mio contributo lo do candidandomi in Veneto e cercando di far ottenere alla Lega il massimo. Dobbiamo ragionare come in una grande famiglia».
In cui è entrato di recente Roberto Vannacci.
«La Lega è un partito inclusivo. Il dibattito è sacrosanto. Ma l’identità e i valori autentici della Lega non possono essere negoziati».
A Pontida ha lanciato l’idea di copiare il modello Cdu-Csu.
«Ne ho parlato più volte con Salvini. In questo Paese ci sono troppe differenze, quello è un modello che ha avuto successo in Germania. È un contributo che offro alla Lega, ma serve anche agli altri partiti».
Si può attuare?
«Se vogliamo provare a superare una volta per tutte questione settentrionale e questione meridionale dobbiamo modificare il modello. Quello è vincente».
Ma lei, alla fine, ha deciso cosa farà da grande?
«Adesso bisogna prendere i voti in Veneto. Poi qualcosa farò di sicuro».
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17 ottobre 2025 ( modifica il 17 ottobre 2025 | 07:26)
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