
«Non è corretto dal punto di vista grammaticale dire che era “la più unica», ma tutte le regole di grammatica, e immagino tutto il resto, sono sospese quando si parla di Diane Keaton». Inizia così il ricordo che Woody Allen scrive dell’attrice e sua musa – nonché ex compagna – a pochi giorni dalla sua morte. Una lunga ed emozionata lettera affidata a The Free Press. «Diversa da chiunque altro il mondo abbia conosciuto, il suo viso e la sua risata illuminavano qualsiasi spazio in cui entrava».
Allen racconta la folgorazione, il colpo di fulmine, per l’attrice che recitò in otto dei suoi cinquanta film, tra cui «Io e Annie» che la consacrò all’eternità. «Posai per la prima volta il mio sguardo sulla sua bellezza slanciata durante un’audizione e pensai, se Huckleberry Finn fosse una bellissima, giovane donna, sarebbe Keaton». Ricorda gli esordi: il trasferimento a Manhattan per recitare, il lavoro come addetta al guardaroba, e poi la prima parte nel musical Hair, di cui poi fu la protagonista, e l’audizione con cui venne scelta da Allen (e il produttore David Merrick) per la sua commedia «Provaci ancora, Sam». Keaton venne segnalata ai due da Sandy Meisner, che all’epoca teneva un corso di recitazione e la definì «un’attrice emergente straordinaria».
«Ci lasciò entrambi senza parole», scrive Allen, ricordando anche che l’audizione di Keaton rischiò di essere messa a repentaglio a causa della sua altezza. Sul palco sembrava più alta di Allen, e per timore che questa differenza potesse essere oggetto di battute, vennero misurati per vedere chi davvero fosse più alto. «Per fortuna eravamo della stessa altezza, e Merrick la assunse». Dopo una settimana di silenzi – «Lei era timida, io ero timido, e quando due persone timide si incontrano, le cose possono diventare piuttosto noiose», ricorda il regista -, complice una pausa pranzo in un locale sulla Eighth Avenue, Allen rimase folgorato dall’attrice con cui da una settimana provava senza nemmeno rivolgersi la parola tra una scena e l’altra. «Quello fu il nostro primo momento di contatto personale. Il risultato fu che lei era così affascinante, così bella, così magica, che cominciai a dubitare della mia sanità mentale. Pensai: È possibile innamorarsi così in fretta?».
Poco dopo erano già una coppia e Allen racconta anche il momento in cui le fece visionare per la prima volta un suo film, per poi fidarsi ciecamente per tutta la vita del suo giudizio sulle sue opere seguenti. «Disse che Prendi i soldi e scappa le sembrava molto divertente e originale. Il successo del film provò che aveva ragione e da allora non ho mai più dubitato del suo parere». Il regista statunitense ricorda il suo talento per la recitazione, ma anche per il canto e il ballo, la scrittura, la fotografia, la regia, la sua ironia. Nonostante la sua timidezza e la sua personalità schiva, continua ancora Allen, era molto sicura del suo giudizio estetico, che si trattasse di dire il suo parere su Shakespeare o su un film di quello che era ai tempi il suo compagno anche di vita.
Il regista ricorda, con un sarcasmo (forse) eccessivo, anche i lati più «oscuri» di Keaton: «Nei pochi anni in cui vivemmo insieme, mi insegnò un sacco di cose. Prima di conoscerla non avevo mai sentito parlare di bulimia. Andavamo alle partite dei Knicks e poi da Frankie and Johnnie’s per una bistecca. Lei si mangiava una lombata, patate hash brown, cheesecake e caffè. Poi tornavamo a casa, e pochi minuti dopo la trovavo a tostare waffle o a riempire un enorme taco. Io restavo lì, sbalordito. Quell’attrice così minuta mangiava come Paul Bunyan. Solo anni dopo, quando scrisse un memoir, raccontò del suo disturbo alimentare — ma all’epoca, assistendo a quelle scene, non potevo che pensare che non avevo mai visto nessuno mangiare così, se non in un documentario sulle balene».
Allen ricorda poi un Giorno del Ringraziamento a cena dalla sua famiglia, una partita di poker in cui finirono ad accanirsi sulle giocate come se fossero professionisti. Questo era il suo mondo, conclude Allen. «Abbiamo vissuto insieme alcuni anni bellissimi, poi entrambi abbiamo preso strade diverse — e solo Dio o Freud potrebbero capire davvero perché ci siamo lasciati». Separati, ma sempre vicini: «Scherzando le dicevo che un giorno saremmo finiti come Norma Desmond ed Erich von Stroheim: lei la diva, io il suo ex regista diventato autista». Poi la notizia della scomparsa, come un fulmine a ciel sereno. Il mondo è più triste ora che non c’è più Keaton, scrive Allen, concludendo così la sua lettera: «Rimangono però i suoi film. E nella mia mente riecheggia ancora la sua grande risata».
13 ottobre 2025 ( modifica il 13 ottobre 2025 | 18:08)
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