Le mani si staccano dal volante. Non per distrazione, ma per legge. Tecnicamente, dallo scorso settembre, sulle autostrade europee abilitate, si può guidare «hands-off», cioè senza l’obbligo di tenere costantemente le mani sullo sterzo. È l’effetto di un aggiornamento normativo della Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (Unece) che apre la strada all’uso di sistemi di assistenza avanzata alla guida, come il Full Self-Driving di Tesla o i software sviluppati da Bmw, Mercedes e Stellantis.
Italia capofila: 60 sindaci pronti per la sperimentazione
Ma prima ancora che la norma sia concretamente applicabile, è l’Italia a mettersi in prima fila. Sessanta sindaci — da Milano a Torino, da Bologna a Potenza, fino a diversi centri medi e piccoli — hanno aderito alla rete europea per la sperimentazione della guida autonoma. Un laboratorio diffuso, destinato a ospitare le prime sperimentazioni coordinate a livello Ue. «Le città e i paesi sono pionieri nella ricerca di soluzioni concrete e innovazioni in tutta Europa», ha dichiarato il 16 ottobre a Bruxelles la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in apertura del Patto dei sindaci 2025. «In Italia abbiamo creato una rete di città europee dove potranno circolare le prime auto a guida autonoma: una coalizione di 60 sindaci italiani ha già manifestato il proprio interesse. Facciamo in modo che questo progetto diventi realtà».
La proposta di Maran (Pd)
L’iniziativa nasce dalla proposta Autonomous Driving: Italy in the Front Row, lanciata a Milano da Pierfrancesco Maran e sostenuta da decine di amministrazioni locali. L’obiettivo è duplice: creare un ecosistema regolatorio e infrastrutturale che renda possibili i test e spingere Bruxelles a fare dell’Italia il punto di riferimento per la mobilità intelligente. Secondo Euractiv, la presidente della Commissione europea ha voluto dare un segnale politico: in un’Europa spesso accusata di lentezza regolatoria, la spinta può arrivare dalle città, più vicine all’innovazione e al territorio.
Le richieste a Bruxelles: regole comuni e investimenti
Anche se i sindaci italiani si sono detti pronti a raccogliere la sfida, chiedono a Bruxelles un quadro normativo chiaro, capace di superare la frammentazione attuale. «Siamo pronti a sperimentare la nuova mobilità del futuro, ma servono regole comuni e infrastrutture digitali omogenee», spiegano i promotori della rete. In questo contesto, si chiede anche che il nuovo Patto europeo della guida autonoma preveda un piano per le infrastrutture. La tecnologia, da sola, non basta: servono strade connesse, copertura 5G continua, software interoperabili e regole uniformi. Il tema è cruciale anche per l’industria. L’Italia punta a giocare un ruolo da protagonista non solo nella sperimentazione, ma anche nella produzione di componenti elettroniche e software per i veicoli automatizzati, in collaborazione con università e centri di ricerca.
In Italia già 500 km di strade potenzialmente adatte
Per ora, le differenze tra i Paesi restano ampie: ogni Stato membro interpreta in modo diverso la normativa sulla sicurezza, sull’assicurazione e sulla responsabilità del conducente. Da qui la richiesta di un approccio unitario che consenta di testare e poi omologare i veicoli autonomi in tutto il mercato unico.
Per quanto riguarda l’Italia, secondo le stime, nel nostro Paese esistono già almeno 500 chilometri di strade attrezzate con sistemi digitali compatibili con la guida autonoma, grazie anche ai fondi del Pnrr e al programma europeo 5G Corridor. A Torino, per esempio, è già operativo il progetto AuToMove, una navetta autonoma «a chiamata» che collega il campus universitario con cinque fermate lungo un percorso urbano di tre chilometri. È un caso pilota che unisce trasporto pubblico, sensoristica e infrastrutture digitali. Altre città, come Genova e Varese, stanno predisponendo tratti di strada attrezzati per test in sicurezza. Tutti questi progetti potrebbero confluire nella rete europea promossa da Bruxelles.
Cosa prevede il nuovo regolamento
Nelle intenzioni della Commissione europea, questa sarà la direzione dei prossimi mesi. Il nuovo regolamento Unece riconosce formalmente le System-Initiated Maneuvers, le manovre che il veicolo può compiere in autonomia — come un cambio di corsia o una frenata d’emergenza — senza intervento diretto del conducente. Si tratta però di una transizione parziale: restiamo nei livelli 2 e 3 di automazione su una scala che arriva a 5. Il conducente dovrà comunque mantenere l’attenzione e poter riprendere il controllo in ogni momento.
Le funzioni «hands-off» saranno consentite solo su tratti autostradali o superstradali dotati di infrastrutture digitali adeguate: segnaletica intelligente, reti 5G a bassa latenza, sistemi di comunicazione veicolo-infrastruttura. Restano esclusi, per ora, gli scenari urbani, la partenza autonoma dai parcheggi o i percorsi completamente automatizzati. È un progresso incrementale, ma decisivo: per la prima volta, l’Europa autorizza legalmente un’interazione reale tra intelligenza artificiale e guida umana.
Il nodo della sicurezza
Il nodo più delicato resta la sicurezza. Secondo l’European Transport Safety Council, i sistemi hands-off possono indurre una falsa sensazione di controllo, con conseguente calo di attenzione del conducente. L’Unione sta lavorando su interfacce adattive che monitorino lo stato psicofisico del guidatore — occhi, postura, movimenti — per garantire una transizione sicura quando il sistema richiede di tornare alla guida manuale. Ma la responsabilità legale, almeno per ora, resta saldamente nelle mani dell’uomo.
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16 ottobre 2025 ( modifica il 16 ottobre 2025 | 11:10)
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