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Vini, le bollicine dove l’alcol fa un passo indietro: «Non è un Prosecco in miniatura ma un nuovo linguaggio enologico»

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Più spuma, meno alcol. E già questo, nel mondo del Prosecco, suona come un’eresia frizzante. Ma alzando i calici con Andrea Battistella, vicedirettore del Consorzio Doc, davanti a un esperimento da 8 gradi appena, abbiamo capito che eravamo davanti a qualcosa di diverso. Non un Prosecco in miniatura, ma un nuovo linguaggio enologico, dove il mosto prende la parola e l’alcol fa un passo indietro. Una bolla più libera, più aromatica, quasi più sincera. Siamo a Treviso, nella sede del consorzio del Prosecco Doc da 660 milioni di bottiglie esportate in tutto il mondo. A pochi chilometri in linea d’aria c’è Conegliano, un territorio che respira Glera da secoli. Lì, nella sede dell’Università di Enologia, in una sala tecnica, c’è un’autoclave sperimentale da appena 30 litri – 40 bottiglie in tutto – che ha realizzato qualcosa che, fino a ieri, sembrava impossibile: il primo Prosecco a basso tenore alcolico, appena 8 gradi e con un ridotto residuo zuccherino.

Da dove nasce questa rivoluzione? I trend globali stanno sempre più imponendo prodotti a basso contenuto alcolico: per motivi di salute o per via delle leggi sulla guida. Ma c’è anche l’idea di differenziare l’offerta, aumentandola senza snaturare il vino come fanno i prodotti “zero”, dai quali l’alcol viene estratto meccanicamente con l’osmosi e poi distillato via dall’acqua. C’è un precedente, sul tema: nel 2020 la Doc ha avuto il coraggio di lanciare il Rosè, che in pochi anni è arrivato a settanta milioni di bottiglie, trainando di fatto l’intero sistema italiano delle bollicine rosate. Ecco perché questo tentativo di portare in disciplinare uno spumante extra dry a otto gradi potrebbe cambiare l’intero modo di percepire il vino in Italia. «Vedete? – dice Battistella, mostrando il calice – La spuma è più persistente, più ricca. Il mosto naturalmente fa schiuma. È l’alcol che la inibisce. Meno alcol hai, più schiuma ottieni. E la sua tenuta nel bicchiere ne è la prova».

La spuma

La spuma l’abbiamo vista in mille calici, ma stavolta la osserviamo con occhi diversi. È ampia, viva, elegante. In un sorso già c’è una rivoluzione.
Al naso arriva un bouquet che sorprende: floreale intenso, fruttato netto. Ma anche più “puro”, come se non fosse passato attraverso i filtri “addolcenti” dell’alcol. «Spumantizzando il mosto – osserva Battistella – si valorizza la componente aromatica dell’uva, la quale conserva più a lungo la sua identità sensoriale». Arrivare a questo test non è stato semplice. Il progetto è nato dalla Commissione Qualità del Consorzio, attiva da settembre dello scorso anno: un gruppo che unisce enologi, produttori e tecnici con una visione comune, dalla vigna alla bottiglia.

Le uve – tutte della provincia di Treviso – sono state fornite dalle aziende partner. I tecnici hanno caricato in autoclave il mosto a gennaio, fermentando solo gli zuccheri naturali dell’uva. Nessuna aggiunta esterna è stata fatta. Il risultato è uno spumante extra dry da 16 grammi/litro di zucchero residuo. «Siamo lontani dai 45-48 grammi del demi-sec – ci fa notare Battistella – che con 8,5 gradi alcolici, oggi già previsti dal disciplinare, diventano stucchevoli. Qui invece il vino è dritto, netto, rimane sapido e acido al punto giusto». Ce lo conferma il palato: corto, sì, ma non vuoto. Anzi. C’è un’energia agrumata, quasi un tocco di scorza di limone, che lo rende adatto a un aperitivo fresco. «È frutto, è fiore. E ci metti dentro una scorzetta e il gioco è fatto», sorride Battistella immaginando gli aperitivi del futuro.

La Glera

La Glera è un vitigno aromatico, ma non basta. Bisogna saperla lavorare, partire da un mosto di qualità e rispettarne l’anima. «L’alcol dà pienezza – dice ancora il vicedirettore – e quando lo togli devi bilanciare con struttura, aroma, tessitura. Per questo stiamo lavorando su nuove spumantizzazioni: una a 60 giorni, l’altra a 90. Più tempo in autoclave, più lieviti, più polisaccaridi. Più corpo, per compensare la leggerezza. Valutiamo anche, con i tecnici, l’aggiunta controllata di tannini naturali, per dare volume, rotondità, masticabilità». Per questo motivo, il Consorzio della Doc a Conegliano sta lavorando in tutto su quattro autoclavi in collaborazione con l’Università di Padova, nel progetto NBE H1-12. Nulla è lasciato al caso in questa fase di studio. Alcune bottiglie sono già state stoccate in frigorifero, altre esposte alla luce naturale. «Vogliamo capire come evolverà il profilo sensoriale nel tempo», incalza Battistella. Tra un anno questo vino parlerà ancora, e lo farà in modo diverso. L’obiettivo è seguirlo in ogni sua mutazione».

Chi berrà questo Prosecco? E la risposta è semplice: chi vuole qualcosa di nuovo. «Intercettiamo un nuovo tipo di consumatore», spiega il presidente del Consorzio, Giancarlo Guidolin, tracciando l’impegno per i prossimi mesi. «L’Horeca soffre, la grande distribuzione organizzata è stabile, ma c’è una domanda crescente di vini più leggeri, più digeribili, meno impegnativi. Questo prodotto nasce per loro. E non è solo una questione di moda. È un cambio culturale. Un Prosecco più leggero non è un Prosecco minore. È un altro Prosecco. Più facile da bere, ma pensato con intelligenza e rigore tecnico». Va precisato che ad oggi, il disciplinare richiede 11 gradi per lo spumante Doc (10,5 per il frizzante). Certi spumanti aromatici e dolci (pensiamo all’Asti) già oggi vanno sul mercato a 6 gradi, ma non riescono ad avere la spalla acida e la beva gioviale del Prosecco.

L’obiettivo

«L’obiettivo della sperimentazione è portare il limite dell’alcol totale alla soglia minima consentita dalla normativa comunitaria per gli spumanti, creando così uno spazio legittimo per i “low alcol” in versione beverina, con ridotto residuo zuccherino appunto», spiega ancora il presidente Guidolin. «E questa dovrà essere la modifica da apportare al disciplinare di produzione. Quando? Il team di lavoro conta di chiudere la sperimentazione a marzo per poi presentare il progetto in consiglio e in assemblea la proposta entro quell’estate. Se approvato, passerà al Ministero. L’iter richiederà tempo, ma la prima vendemmia ufficiale potrebbe essere già nel 2027». Nel frattempo, i tecnici continueranno a degustare, testare, annotare. A seguire passo passo questo viaggio che parte da un grappolo e arriva a un bicchiere nuovo. E intanto, mentre la schiuma ancora persiste nel calice, un nuovo modo di intendere il Prosecco sta per nascere.


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30 giugno 2025

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