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Vieteranno il termine «veggie burger»? Chiamiamolo «nonbistecca»

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Il veggie burger «non esiste». Neppure la cotoletta di seitan. E nemmeno la salsiccia vegetale. Nella realtà esistono eccome, basta dare uno sguardo all’offerta di prodotti dei supermercati o ai menu di molti ristoranti, comprese le steakhouse che, a prescindere dal loro nome, offrono quasi sempre ormai anche più di un’alternativa a chi non consuma carne, per evitare di perdere potenziali clienti in un periodo in cui vegetariani e vegani rappresentano ormai il 10% della popolazione. Ma a pensarla diversamente sembra essere il Parlamento Europeo che nei giorni scorsi ha votato un documento con indicazioni sulle prossime modifiche della Pac, la Politica comune europea, ovvero il piano di interventi che Bruxelles predispone per il settore agricolo.

Tra le tante richieste da avanzare in fase negoziale con le altre istituzioni Ue – ogni provvedimento importante deve sottostare al cosiddetto «trilogo», ovvero una trattativa a tre che metta d’accordo il Parlamento europeo (composto dai membri eletti dai cittadini), la Commissione Europea (l’organo di governo nominato dal Parlamento ma la cui composizione dipende dalle indicazioni degli Stati membri) e il Consiglio Europeo, ovvero l’insieme dei capi di governo o dei loro ministri -, quella che mediaticamente ha fatto più scalpore è proprio quella che prevede la definizione di «carne», che viene intesa come derivato di «parti commestibili di animali». Parallelamente a questo è stato chiesto che venga di conseguenza vietato l’utilizzo di termini abitualmente riferibili ad essa – come per esempio bistecca, hamburger o salsiccia – per tutto ciò che non è espressamente «carne».

L’intento dichiarato è quello duplice di rafforzare gli allevatori e di tutelare i consumatori. Questi ultimi sembra quasi che vengano considerati degli sprovveduti, che trovandosi di fronte all’indicazione «salsiccia vegetale» possano essere indotti in confusione non comprendendo il significato di quell’aggettivo pensando che si tratti di carne quando invece non lo è. Verrebbero addirittura «ingannati», secondo alcuni sostenitori del provvedimento.

La verità è probabilmente un’altra. Ovvero che siamo di fronte ad una battaglia culturale. Ma sarebbe meglio dire anti-culturale. Negazionista per la precisione. L’idea cioè che la cultura «veg», o in ogni caso una propensione ad un maggior consumo di prodotti di origine vegetale, sia in qualche modo deleteria per il mondo agricolo. Già detta così sembra una contraddizione: il mondo agricolo ha tutto l’interesse ad un maggior consumo di prodotti vegetali. Ma la verità è che per una parte della politica il mondo agricolo è rappresentato solo dagli allevamenti. E per lo più gli allevamenti di dimensioni maggiori, quelli intensivi. Tutelare questi ultimi, nell’idea di molti europarlamentari, anzi della maggioranza visto che il documento è passato, significhi non tanto valorizzare i prodotti di eccellenza, quanto piuttosto demonizzare quelli che sono considerati avversari. Il «nemico», dunque, non è rappresentato dalla bassa qualità o dall’invasione di carni extra Ue (oggi spesso utilizzate anche per produrre nostri prodotti Igp, come la bresaola), fenomeno che potrebbe aumentare per effetto dei dazi Usa, aggirabili per esempio lavorando i «nostri» salumi con carni «loro». Bensì chiunque all’interno dell’Ue pensi di scegliere un’alternativa vegetale.

Il provvedimento, se mai diventerà norma, finirà per penalizzare le aziende che producono prodotti a base vegetale e che magari nel packaging richiamano i nomi classici dei prodotti a base di carne per il semplice fatto che questi sono entrati nel linguaggio comune. Quando si parla di burger la maggior parte delle persone pensa però alla forma e alla consistenza, una polpetta circolare di prodotto macinato, più che alla carne di cui è composto. Tanto che oggi ne esistono di vari tipi: di bovino, di suino, di pollo. Anche di pesce, ma sembra che quest’ultimo non suscitino timori della filiera quanto quelli quelli di soia o di ceci. La salsiccia, invece, è pur sempre un involucro cilindrico allungato, indipendentemente dal fatto che contenga maiale, manzo, pollo. O anche renna, che negli street food norvegesi ha un grande successo, soprattutto tra gli stranieri, e sostituisce il tradizionale «hot dog» (che non è per fortuna cane, ma qui sulla denominazione nessuno ha da obiettare). La bistecca o la cotoletta sono termini che indicano delle «fette», che poi siano di maiale, di vitello o di pollo poco cambia (a proposito, quella impanata alla milanese si chiama «orecchia di elefante», ma anche in questo caso per fortuna non c’è traccia di pachiderma e comunque nessuno si lamenta). Perché deve allora indignare se è composta di seitan o di tofu? 

Era già accaduto con il latte, motivo per cui oggi molti sostituti vegetali devono utilizzare il termine bevanda, sempre perché si temeva che i consumatori fossero indotti in confusione (resta consentito l’uso in cosmetica, il «latte detergente» è ampiamente sdoganato).
Ma è davvero una tutela dei consumatori? O è piuttosto un modo di rendere loro la vita più difficile, perché chi vorrà consumare una «bistecca» di soia lo farà anche se questa si dovesse chiamare Minnie o Paperina (ah no, Paperina non si può perché il nome richiama un animale…)?
Molte aziende che oggi producono alimenti a base vegetale – e che per inciso contribuiscono al Pil e danno lavoro a migliaia di persone – temono già i contraccolpi per un provvedimento che è solo ideologico. Pensare di creare limitazioni di «etichetta» a chi non vuole consumare carne o a chi la vuole semplicemente ridurre per questioni ambientali o etiche, non spingerà più persone verso il reparto macelleria. Chi fa una scelta etica non teme le parole o il confronto. Chi ha paura delle parole è di solito chi il confronto lo teme e fa di tutto per ostacolarlo.

Se mai la legge dovesse essere fatta, possiamo suggerire anche il conseguente inganno che per definizione si trova sempre. Vietano i termini bistecca, burger o salsiccia per i prodotti vegetali? E allora chiamiamoli «nonbistecca», «nonburger» e «nonsalsiccia». Sarebbero anche più divertenti :).

10 ottobre 2025 ( modifica il 10 ottobre 2025 | 11:07)

10 ottobre 2025 ( modifica il 10 ottobre 2025 | 11:07)

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