
Le decisioni di Donald Trump non sono mai casuali. E anche quella di scegliere l’Alaska come luogo del vertice con Vladimir Putin ha un significato «altro».
Dopo l’ipotesi – poi tramontata – che vedevano Roma il luogo indicato per essere teatro dei colloqui, infatti, è stato lo stesso presidente americano ad annunciare su Truth che «l’attesissimo incontro tra me e il presidente russo Vladimir Putin avrà luogo venerdì prossimo in Alaska».
Ma le valutazioni sono ricadute su questo territorio per motivi pratici e simbolici. Gli Usa non fanno parte della Corte Penale Internazionale (Cpi) e l’Alaska è appena oltre il confine russo con gli Stati Uniti. Dall’inizio della guerra, infatti, Putin non vola nello spazio aereo di Paesi «ostili» per motivi di sicurezza nazionale e non visita Paesi membri della Cpi.
E non solo: la sede scelta ha anche un valore altamente simbolica, che lancia un segnale di parità strategica, fondamentale per Mosca. I leader statunitense e russo si troveranno faccia a faccia in un luogo dove i loro interessi si incontrano: l’Artico.
L’importanza geopolitica dell’Alaska è cresciuta grazie alle sue riserve di combustibili fossili inutilizzate. Soprannominata «The Last Frontier», è stata a lungo rivendicata dai nazionalisti russi, che considerano il suo passaggio agli Stati Uniti nel 1867 – per 7,2 milioni di dollari, cifra oggi equivalente a circa 130-150 milioni – un’ingiustizia storica da sanare. La Russia, infatti, la controllava fin dagli anni ’70 del XVIII secolo, sfruttando duramente le popolazioni native per la caccia alle pellicce.
9 agosto 2025 ( modifica il 9 agosto 2025 | 19:14)
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