Ipotesi fondi per il futuro dell’ex Ilva. Alla fine della seconda gara per la vendita potrebbero rimanere solo i due fondi di investimento statunitensi, Bedrock e Flacks Group. Se dopo l’uscita di scena della società azera Baku Steel – che era in compagnia della società statale Socar – verrà confermata anche quella degli indiani di Jindal Steel, allora l’ex Ilva non finirà nelle mani di operatori del settore. In attesa dell’esito ufficiale della seconda gara per la vendita di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria (alle 24 del 26 settembre scadono i termini per la presentazione delle offerte vincolanti da parte dei potenziali investitori), questo appare il quadro più probabile: la conferma arriverà dalla nota ufficiale di Adi, attesa per il 27 settembre.
Chi sono i fondi
Se queste ipotesi saranno confermate, il secondo bando di gara lanciato dai commissari il 7 agosto scorso, ponendo il vincolo della decarbonizzazione con i forni elettrici, non si chiuderebbe secondo gli auspici del ministro per le Imprese Adolfo Urso: Flacks Group avrebbe infatti avanzato un’offerta simbolica per l’acquisizione dell’ex Ilva, al netto degli investimenti da garantire; Bedrock replicherebbe quanto fatto negli anni scorsi con l’acquisizione della società siderurgica Stelco in Canada, poi rivenduta l’anno scorso agli americani di Cleveland Cliffs. Operazioni da fondi, non da azionisti stabili del settore siderurgico come erano ArcelorMittal (il precedente socio di riferimento di Acciaierie d’Italia) o i gruppi precedentemente interessati, Baku Steel e Jindal Steel.
L’addio di Baku e i dubbi di Jindal
Mentre il disimpegno degli azeri – che pure solo a marzo scorso erano il gruppo individuato dai commissari come quello da preferire – è certo, per Jindal la situazione potrebbe non essere così netta: non è esclusa un’offerta last minute. In attesa che lo scenario e gli attori in campo si chiariscano nelle prossime ore, si può dire che tanto gli azeri quanto gli indiani abbiano finito per privilegiare investimenti alternativi. Baku Steel ha ufficializzato il disimpegno nel momento in cui, per l’opposizione del Comune di Taranto e dei movimenti ambientalisti tarantini, si è rivelato impossibile portare a Taranto la nave rigassificatrice su cui l’Azerbaijan spingeva molto perché interessato al business del gas: così la società statale Socar, che affiancava Baku Steel, si è spostata sull’acquisizione di Ip e sulla sua rete di 4.500 distributori di carburante in Italia. Jindal, invece, ha presentato un’offerta in Germania per la divisione siderurgica di Thyssenkrupp che prevede il completamento del piano di decarbonizzazione nel sito di Duisburg con un investimento superiore ai due miliardi di euro.
L’ipotesi «spezzatino»
Oltre alle offerte per l’intero gruppo – opzione che resta la preferita del governo – potrebbero esserne arrivate anche per singoli asset, in particolare da operatori italiani del settore (da Marcegaglia a Sideralba). Se così sarà, si potrebbe pensare a una vendita separata dell’area Nord e di quella Sud del gruppo siderurgico, il cosiddetto «spezzatino». Da domani si apre una nuova partita per l’ex Ilva. L’ennesima, per quella che fu la più grande acciaieria d’Europa.
26 settembre 2025
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