
La sconfitta è senza appello e ancora una volta va affrontato — questo riguarda tutti — il tema dell’astensionismo. Ma nel centrodestra non è tanto il risultato ad agitare le acque, nessuno pensava di poter competere seriamente, quanto le percentuali dei partiti. Che cristallizzano alcune posizioni, almeno in attesa del voto del 23 novembre in Veneto, Campania e Puglia, ma ne mettono anche in crisi uno, la Lega, che dalla presa del potere in Toscana di Roberto Vannacci non solo non ha avuto un guadagno in termini di voti, ma ha subito un tracollo.
Chi può ritenersi soddisfatto è FdI: quasi il 27%, un risultato molto alto per un partito che non ha avuto certo il traino di Meloni come alle Politiche e alle Europee, anche se esprimeva il candidato, che è sempre un vantaggio. Giovanni Donzelli, capo dell’organizzazione del partito, si complimenta con Giani e ringrazia Tomasi che «ha ottenuto le percentuali più alte mai prese dal centrodestra in Toscana». Poi esulta per lo «straordinario risultato» di FdI: «Non solo cresce in modo netto rispetto a cinque anni fa, ma considerando anche i voti della civica di Tomasi, il risultato è superiore persino a quello ottenuto alle Europee e alle Politiche». E sull’entusiasmo della sinistra: «Mi permetto di far notare che in Calabria, dove pure la sinistra in passato ha governato ed erano sicuri di vincere, hanno perso appena la settimana scorsa con un distacco maggiore di quello con cui hanno vinto in Toscana».
Ma il vero problema in casa ce l’ha la Lega: l’auspicato «effetto Vannacci» non c’è stato. Secondo alcuni, avrebbe semmai funzionato al contrario scoraggiando dall’andare al voto elettori leghisti contrari alla scelta di Salvini di affidare al generale e vicesegretario il coordinamento della campagna elettorale. In cifre, con il 4,4% di ieri si registra un crollo rispetto alle precedenti Regionali del 2020 (22%) e un marcato calo anche nel confronto con le Europee di un anno fa (6,2%), quando pure Vannacci fece il pieno di preferenze. Ma se allora fu un valore aggiunto, stavolta non essendo candidato, ma avendo imposto i suoi uomini, ha provocato un durissimo scontro con la collega eurodeputata Susanna Ceccardi (nel 2020 candidata presidente in regione) e con larga parte della Lega toscana.
Il risultato è che dai 9 eletti in consiglio regionale di 5 anni fa si scende a uno (forse due). E guarda caso, l’unico sicuro di essere eletto, perché inserito nel listino blindato, è Massimiliano Simoni, fedelissimo del generale. Che a sconfitta incassata, filosofeggia: «Quando i cittadini vanno a votare e si esprimono hanno sempre ragione. Io sono uno dei pochi politici che non cambia atteggiamento per compiacere l’elettorato». E assicura impegno per dare «più sicurezza», per avere «più rimpatri». Ma dentro il partito, non solo in Toscana, monta la rabbia per gli allarmi lanciati a tempo debito sulla deriva vannacciana che non sono stati ascoltati.
Per il partito di Salvini la botta è doppia perché esce male anche dalla sfida con Forza Italia per il secondo posto nella coalizione. In cinque anni il rapporto si è ribaltato: nel 2020 la Lega prese il 22% e FI il 4%, nel 2024 ci fu un pareggio (6,3% degli azzurri e 6,2% dei leghisti) fino al netto sorpasso di ieri (6,20% di FI contro il 4,4% della Lega). E stavolta è Antonio Tajani a dirsi più che soddisfatto: «Era una sfida difficilissima, ma anche stavolta FI cresce. Abbiamo avuto exploit in Calabria e Valle d’Aosta ma nelle Marche e Toscana siamo comunque in aumento, dimostrandoci sempre più il secondo partito della coalizione».
Anche Maurizio Lupi di Noi moderati rivendica il risultato, ma fa filtrare l’irritazione per gli alleati centristi (FI) che gli hanno sottratto candidati forti: «Ci presentavamo per la prima volta e il risultato è incoraggiante, nonostante la pesante “campagna di acquisizione” subita nelle ultime settimane e conclusasi a sette giorni dal voto». E punta il dito contro i forzisti: «Alcuni alleati dovrebbero sapere che si vince puntando ai voti degli astenuti e convincendo gli elettori degli altri schieramenti, non indebolendo le liste della propria coalizione».
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13 ottobre 2025
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