Dice un’indagine di Demoskopica che il 2025 si chiuderà per il turismo italiano con numeri lusinghieri: oltre 65 milioni di presenze con una crescita del 3,4%; Confcommercio fa eco prevedendo che tra giugno e settembre 30 milioni di italiani faranno almeno una settimana di vacanza al mare o sui monti. Peccato che gli operatori del settore tutto questo bendidio non lo vedano: a Rimini, sostengono i balneari, gli arenili si sono riempiti finora solo durante i fine settimana; sul Garda rimpiangono i turisti del Nord Europa e anche in Toscana denunciano il crollo degli arrivi: a Firenze il 50% delle camere di Airb&b sono vuote. Ma allora chi ha ragione? In compenso abbiamo due certezze: il costo di lettini e ombrelloni è cresciuto oltre l’inflazione e gli stipendi di chi lavora in hotel e ristoranti restano i più bassi dell’intero mercato dell’occupazione.
Come andrà in archivio l’estate del 2025 che si avvicina al suo zenith? Antonio Capacchione, presidente del sindacato dei balneari denuncia che a luglio le presenze sono calate del 15% rispetto al mese precedente mettendo in dubbio le ottimistiche previsioni fatte da Confcommercio ma anche quelle del Ministero del turismo («Volano spesa, permanenza media e presenze, trainate dai viaggiatori stranieri. A giugno, saturazione Italia top su competitor europei» si legge sul sito istituzionale).
A quali numeri dare retta? Il «barometro» del turismo di Federalberghi mostra un segno opposto rispetti ai balneari: «Il secondo trimestre 2025 è stato positivo per le presenze alberghiere che complessivamente hanno superato quelle del 2024 del 4,3%. Se si guarda la situazione dall’inizio dell’anno la variazione è del +0,9%, con gli italiani in leggera diminuzione rispetto all’anno scorso (-0,8%)». Il ministero del turismo insiste nel vedere il bicchiere mezzo pieno: «A luglio 2025, a fronte di un aumento delle tariffe medie sul 2024, l’Italia si colloca ai vertici del mercato turistico nel Mediterraneo: da un lato, il Belpaese guida per tasso di saturazione OTA (vale a dire le prenotazione che avvengono online attraverso piattaforme come Booking, ndr), segnando un 43,2% contro il 27,8% della Francia, il 35,1% della Grecia e il 39,2% della Spagna». Insomma un dato incoraggiante ma non certo esaustivo.
La flessione resta sorprendente visto che l’anno scorso avevamo imparato ad armeggiare un nuovo vocabolo vacanziero: «overtourtism», il sovraffollamento dei luoghi che dovrebbero essere dedicati al relax ma che così più non sono. Certo, Venezia ha registrato picchi giornalieri di 170.000 turisti a fronte di 50.000 residenti; certo, Capri è stata stravolta da 30.000 sbarchi giornalieri ma si calcola che il sovraffollamento riguardi solo il 4% del territorio deputato alle ferie.
Ora il caos dei numeri può diventare anche amena chiacchiera da ombrellone e dunque ci si interroga sulle cause delle ferie rarefatte. Alessandro Gassmann, udite le lamentele degli operatori del settore non ha trattenuto uno sfogo social: «Forse avete un po’ esagerato con i prezzi e la situazione economica del paese spinge gli italiani a scegliere una spiaggia libera? Abbassate i prezzi e le cose, forse, andranno meglio». E un’indagine condotta da Altroconsumo sui lidi più popolari della penisola sembra dare ragione all’attore.
L’indagine, condotta in forma anonima in 213 stabilimenti distribuiti in una decina di località ha portato a queste conclusioni: nel 2025 il costo per un ombrellone e due lettini ha avuto un incremento del 5,5% in un anno, ben al di sopra dell’inflazione. La meta più costosa si è rivelata Alassio dove per la formula due lettini più ombrellone si pagano 340 euro a settimana (354 per la prima fila). A Gallipoli se ne pagano 316, ad Alghero 251. Al capo opposto della graduatoria ecco Rimini (150) e Lignano (154). Altroconsumo fa notare che al budget vanno spesso aggiunte altre voci: docce, intrattenimento da spiaggia, pranzo (molti stabilimenti vietano di portare cibo da casa) rendendo la vacanza di mare ancor più salata.
Viviamo tempi incerti e instabili, insomma, ma in tutto questo un punto rimane fermo: il turismo sarà anche il «petrolio d’Italia» ma le retribuzioni di chi vi lavora non sono certo da sceicchi. Le tabelle Istat collocano gli stipendi lordi nel settore della alberghiero e della ristorazione al gradino più basso: 26.000 euro di media l’anno contro i 38.000 della manifattura. «Stiamo diventando un Paese di baristi e camerieri» ha commentato l’ex manager Fiat Giorgio Garuzzo. E non era precisamente un complimento.
9 agosto 2025
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