«L’Offerta è approvata con prescrizioni il cui merito non è chiaro. Unicredit si prenderà il tempo necessario per valutare la fattibilità e l’impatto delle prescrizioni sulla società, sui suoi azionisti e sull’operazione di M&A, relazionandosi, se del caso, con le autorità competenti». È con questa stringata nota che la banca guidata da Andrea Orcel, nella tarda serata di venerdì, ha risposto agli obblighi imposti dal governo nell’aggregazione con Banco Bpm, nel caso andasse a buon fine l’offerta di pubblico scambio da 14 miliardi. Tutte imposizioni che avvocati e dirigenti attorno a Orcel stanno studiando per capire se sono gestibili o meno.
Il disimpegno sulla Russia
Sulla Russia il disimpegno è cominciato da tempo: l’esposizione cross border «andrà a zero a settembre», aveva promesso il ceo in assemblea: stiamo parlando di attività per 8 miliardi prima dello scoppio della guerra in Ucraina, calate a 300 milioni e che hanno generato perdite per l’11% del valore. Più nel dettaglio l’attività crossborder è scesa del 94% in due anni mentre i depositi locali sono calati dell’89%, nello stesso periodo, i prestiti locali netti dell’86%. Non dovrebbe quindi essere un problema.
Quanto agli sportelli da cedere dopo il matrimonio, nell’ordine di 183, pare che si chieda un impegno a non vendere le filiali del Banco in Lombardia, oggi pari a 492. Si dovrà lavorare su regioni dove la quota mercato delle due banche assieme eccede il 20%: Sicilia, Lazio, Piemonte, Veneto, Val d’Aosta e Molise. Secondo quanto risulta al Corriere della Sera è probabile che Consob chieda a Unicredit di rendere pubblico il documento stilato dall’Ufficio Golden Power di Palazzo Chigi prima della prossima apertura dei mercati, essendo price-sensitive. Altamente probabile poi che nei prossimi giorni si facciano sentire in via ufficiosa le voci della Bce e di Bankitalia, che avevano dato il via libera alle nozze e che ora vedono il governo italiano approvarla dopo una lunga gestazione, ma con dei caveat impegnativi. La Commissione Europea nei giorni scorsi aveva chiesto chiarimenti all’esecutivo Meloni proprio sull’uso dei poteri speciali in relazione anche a Unicredit-Bpm.
I tempi dell’operazione
La tempistica dell’ops, anche dopo la notizia arrivata nel giorno di venerdì santo, ha delle tappe ben scandite. L’offerta partirà il 28 aprile per concludersi il 23 giugno. Orcel ha una settimana di tempo per decidere. Il banchiere ha sempre ribadito che l’operazione deve avere valore per Unicredit e l’opa su Anima ha in lui sollevato non poche perplessità. Sulle basi delle informazioni fornite da Banco Bpm, comprare il 90% dell’asset management senza il Danish Compromise avrebbe un impatto negativo sulla solidità patrimoniale di 240 punti base per l’ex popolare, portandolo quindi il Cet1 Ratio dal 15,05% al 12,65%, sotto la soglia critica del 13%; e questo senza considerare i regulatory headwinds di Basilea 4 stimati nell’aggiornamento di piano pari a 94 punti base e che potrebbero già nel primo trimestre portare l’indicatore sotto il 12%.
Senza contare che il Banco presenta un rapporto impieghi-depositi è particolarmente alto (126% contro una media del 103%). Cioè sta utilizzando una maggiore quantità di depositi dei clienti per finanziare i prestiti. Orcel ha chiesto in più di una occasione di fornire dettagli sulle misure di ottimizzazione del Banco per raggiungere a giugno il livello minimo del 13% di Cet1 Ratio.
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20 aprile 2025
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