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Un miliardo e 1.500 posti in meno, «è l’anno nero dell’auto a Torino»

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L’auto in Piemonte è finita fuori strada. E oggi si contano i feriti. Che non sono pochi: tra ricavi in picchiata (-5,6%) delle imprese e personale in forte riduzione (-2,4%) nelle fabbriche. Nel 2025 la filiera della componentistica, tutti i fornitori e subfornitori dei car maker, in pratica chi produce l’80% di un veicoli conto terzi, ha perso più di un miliardo di euro in commesse e visto svanire quasi 1.500 posti di lavoro.

La «Caporetto» delle quattro ruote nella (ex) capitale dell’auto è stata raccontata ieri, un numero dopo l’altro, dall’Osservatorio sulla componentistica italiana, presentato al Mauto da Anfia e da Camera di Commercio di Torino. «Il perimetro dei dati ci dà un panorama complessivo non positivo, possiamo dire negativo — ha affermato Massimiliano Cipolletta, presidente di Camera di Commercio di Torino —. Le previsioni per il prossimo anno purtroppo non sono buone, ma comunque sono sorti dei dati piuttosto interessanti, come la reattività delle imprese del territorio della filiera automotive, una ricerca della specializzazione. La filiera si sta compattando per riuscire a dare un’offerta integrata ai nuovi mercati». 

L’auto in Piemonte e soprattutto a Torino, nonostante le sbandate della corsa imposta dall’Ue all’elettrico, la sfida dei dazi americani, l’invasione di vetture cinesi (con componenti cinesi a bordo), e il dilagare della cassa integrazione nelle fabbriche, resta il motore produttivo del territorio. Basti pensare che la filiera automotive vale ancora quasi 20 miliardi (19,9), 717 imprese e 59 mila addetti. E il Piemonte vale più di un terzo del valore aggiunto generato dall’auto. Ecco perché il serbatoio delle aziende sempre più vuoto, a corto di ordini, si stima un calo del 50% delle commesse, spaventa i sindacati. «Nella filiera automotive — spiega Igor Albera segretario Fim Cisl per l’automotive — si prevede una contrazione dell’occupazione nel 53% delle imprese. In Piemonte si prevede un aumento dell’uso di ammortizzatori sociali che coinvolge il 47% delle imprese. Consideriamo indispensabile tutelare questo settore che rimane decisivo per l’economia torinese, piemontese ed italiana».

La Regione ha messo sul piatto 20 milioni, da fondi Pnrr, come sostegno al reddito per tutti quei lavoratori in cassa integrazione. Ma l’intervento rischia di non riuscire a coprire tutte le richieste visto il protrarsi della crisi. La contrazione dei ricavi si registra in due imprese su tre del territorio, per il 43% delle aziende è in flessione anche l’export, e la saturazione della capacità produttiva è crollata al 64% (era al 78% nel 2023).
 
Il peso di Stellantis, pur restando la grande industria italiana di auto anche se in forte riduzione produttiva, è sceso sotto la soglia del 40%. Ovvero per la prima volta nella storia di Torino e del Piemonte le aziende della filiera dichiarano di dipendere da Stellantis «solamente» per il 39% dei ricavi. Cinque anni fa, il fatturato generato con Fiat era a quota 50%.

L’accelerata cinese sull’elettrico nel mercato europeo, con la commercializzazione di modelli del Far East, perora non sta trainando la filiera. Ma potrebbe essere un’opportunità in prospettiva, visto che i cinesi cominciano ad aprire fabbriche in Europa. «L’arrivo della case automobilistiche cinesi è un’opportunità a condizione che utilizzino la componentistica, che del veicolo rappresenta l’80%, prodotta in Europa — ha spiegato Roberto Vavassori, presidente di Anfia —. Abbiamo organizzato a febbraio con un grosso produttore cinese, Byd, una serie di 170 incontri per cercare di proporre le nostre competenze nel momento in cui decidesse di arrivare in Europa».


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16 ottobre 2025

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