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Ultimo prepara il «raduno degli Ultimi» il 4 luglio 2026 a Tor Vergata

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Ultimo non avrebbe avuto problemi quest’anno a riempire per la quarta volta l’Olimpico. Invece no, si è fermato al tris (domenica 13 luglio la data conclusiva dei live «casalinghi»), per lui il decimo stadio romano in otto anni di carriera, sempre sold out. Ed è un record: nessun artista italiano c’era mai riuscito a soli 29 anni.

Ma a Niccolò Moriconi (all’anagrafe) non basta, per scrivere la sua storia ha voluto salutare la città dov’è nato con un annuncio «grandioso». E proprio dal palco dell’Olimpico, alla fine del concerto di domenica tra i fuochi d’artificio, ha svelato i particolari della notizia che da mesi lui stesso aveva iniziato a far circolare su Instagram: il «raduno degli Ultimi», «La favola per sempre»,  si farà il 4 luglio 2026 nell’area di Tor Vergata delineata dall’imponente Vela di Calatrava, progettata nel 2005 e recuperata di recente dopo un lungo abbandono. La data è simbolica e segna un doppio anniversario per il cantautore: nel 2026  ricorrono i dieci anni di carriera (nel 2016 iniziò a usare il nome d’arte Ultimo e a postare i primi brani su internet) e il 4 luglio del 2019 ha debuttato in uno stadio, esibendosi proprio all’Olimpico di Roma.  

Lo spazio scelto è sconfinato e si trova nella periferia a sud della Capitale, i prossimi 2 e 3 agosto ospiterà veglia e messa del Giubileo dei giovani, appuntamenti per i quali sono attese 650 mila persone. E quella stessa zona già nel 2000 aveva accolto i «papa boys» di Giovanni Paolo II. Nei giorni scorsi Ultimo ha postato un video nel quale sorvola l’area su un elicottero. Seguito dai commenti dei suoi follower: «Quel concerto che avevamo in mente lontano dalla strada in mezzo al verde». E un altro: «Noi lo sappiamo, noi lo sentiamo, noi ci crediamo. Noi siamo Ultimo».

Proprio per i suoi fan domenica il cantautore romano ha fatto allestire un maxischermo al parchetto Paolo Panelli, ribattezzato Parchetto di Ultimo, a San Basilio, il quartiere popolare di Roma che ha visto crescere l’autore di «Piccola stella»: seimila persone hanno visto gratuitamente il live in video come una finale dei mondiali. Nemmeno a dirlo: i pass per entrare sono andati esauriti pochi giorni fa in una manciata di minuti.

Potenza della «generazione Ultimo» che gli ha permesso di riempire 42 stadi in carriera, vendere oltre 1 milione 750 mila biglietti e collezionare 84 dischi di platino.

Il suo pubblico non ha un’età definita, è un microcosmo affollato da ragazzini come da over 60. E attraversa tutta l’Italia. Lo ha dimostrato, ancora una volta, questo tour negli stadi, «La favola continua»: partito da Lignano Sabbiadoro, si è fermato a San Siro per due date e dopo Roma arriverà a Messina e Bari. Sold out ovunque. Sul gigantesco palco a forma di chiave — come il tatuaggio sulla mano e il ciondolo che indossa, un simbolo legato alla possibilità di aprire nuove sfide e chiudere quelle passate — largo 65 metri e dominato da 900 metri quadrati di led, Ultimo gioca in casa. Senza troppi eccessi. Gli bastano le sue canzoni, il pianoforte e la sua band. In scaletta 25 brani più un medley, con i 60 mila che cantano dall’inizio alla fine ogni canzone.

Sul maxischermo al centro del palco compare la scritta «Noi siamo Ultimo», fumo colorato, fuochi d’artificio. Arriva lui, salutato dall’urlo dei sessantamila.  Indossa canottiera nera con il numero dieci  (quello dei fuoriclasse) stampato sulle spalle, occhiali da sole e cappellino. «Ciao belli!», urla e infila una dietro l’altra «Dove il mare finisce»,  «Colpa delle favole», «Quando saremo vecchi», «Buongiorno vita», con il pubblico che canta insieme a lui e non salta nemmeno una strofa. Si mette al piano e accompagnato da una violinista intona la struggente «Amati sempre».

Con la musica tratteggia le emozioni, racconta di se stesso, del rapporto con la compagna Jacqueline («Altrove»), del figlio Enea («La parte migliore di me», cantata al pianoforte su una pedana sospesa), nato lo scorso novembre, ma sono emozioni che appartengono anche alle vite degli altri. Ultimo è la star, però rimane attaccato alle sue radici. Schivo, riservato, con quel nome d’arte che gli sta addosso come una seconda pelle, perché come canta in «Sogni appesi».  Questo è l’inno di Ultimo e del suo popolo. «Non l’ho scritta per il successo – dice mentre si siede al pianoforte -, almeno per  come è inteso oggi. È quando vi guardo negli occhi che vedo il successo». E poi la folla intona in un coro da brivido il ritornello: «Quando ero bambino  un solo obiettivo/ Dalla parte degli ultimi per sentirmi primo».  

13 luglio 2025

13 luglio 2025

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