
Ogni anno 87mila italiani, maschi e femmine, ricevono la diagnosi di un tumore urologico e i numeri sono in crescita, anche prima dei 50 anni. La buona notizia è che sono patologie sempre più curabili e anche guaribili:
più dell’80% dei pazienti con cancro alla prostata, alla vescica, al rene o al testicolo può sconfiggere la malattia.
Il merito va, in gran parte, alle diagnosi precoci sempre più frequenti e alle nuove terapie disponibili, ma per avere maggiori probabilità di guarire e per ricevere cure meno invasive è fondamentale non trascurare i possibili sintomi iniziali. Non meno importante è essere seguiti da un team multidisciplinare, che faccia attenzione anche agli effetti collaterali dei trattamenti, alla qualità di vita dei pazienti e, in particolare, alla scelta di cure che impattino il meno possibile sulla sfera sessuale.
Sono questi i temi al centro del congresso nazionale della SIUrO, la Società Italiana di Urologia Oncologica, che si apre oggi a Napoli.
Non trascurare i sintomi
«Chi lamenta alcuni sintomi come presenza di sangue nelle urine o dolore o difficoltà nell’urinare deve andare dall’urologo per un controllo o comunque fare degli accertamenti, senza perdere tempo prezioso — dice Giario Conti, segretario della SIUrO —. Lo stesso vale per chi presenta più casi in famiglia di cancro alla prostata o alla vescica. O per i ragazzi con tumefazioni, ingrossamenti o “anomalie” ai testicoli, dove la neoplasia si manifesta prima dei 40 anni, in particolare fra i 20 e i 40».
Infatti, quanto più è precoce la diagnosi e il tumore è in stadio iniziale, tanto maggiori sono le probabilità di guarire definitivamente e di ricevere trattamenti più «facili» da tollerare, con minori effetti collaterali.
«Le prospettive di vita e guarigione per le persone con un tumore genito-urinario si sono molto ampliate nel corso degli ultimi 30 anni – aggiunge Conti -. Sempre di più tendiamo a trattamenti chirurgici conservativi o a protocolli di sorveglianza attiva per pazienti che presentano patologie neoplastiche ai primi stadi e a basso rischio di evoluzione».
Prevenzione questa sconosciuta
Troppi italiani, però, ignorano le strategie per prevenire queste malattie: «È dimostrato da molti studi scientifici come tabacco, sedentarietà, dieta scorretta ed eccesso di peso siano correlati ai carcinomi della prostata, rene, vescica e testicolo – ricorda Sergio Bracarda, presidente nazionale SIUrO -. Un sondaggio voluto da SIUrO pochi anni fa evidenziava che ben il 61% dei connazionali ignora che le neoplasie genitourinarie possano essere prevenute con le buone abitudini, appena il 9 su 100 sanno che il fumo causa il carcinoma della vescica (il tabacco è correlabile con almeno la metà di tutti i tumori al tratto urinario), 38 su 100 riconoscono sedentarietà e obesità come fattori di rischio delle neoplasie alla prostata e al rene».
Serve un gruppo di esperti per curare bene i malati
«Le neoplasie uro-genitali sono tipiche degli over 70 , che spesso e volentieri soffrono anche di ulteriori gravi problemi di salute come diabete, ipertensione o insufficienza renale – sottolinea Rolando Maria D’Angelillo, presidente eletto di SIUrO -. Ma negli ultimi anni registriamo anche un aumento dei casi nei pazienti under 50. Sono dati di cui dobbiamo tenere conto soprattutto nella scelta delle cure da somministrare che devono essere sempre di più concordate in ambito multidisciplinare e dove possibile meno invasive. E c’è di più: il cancro della prostata, del rene, del testicolo o della vescica sono malattie sempre più croniche. Quando individuate in tempo, le percentuali di sopravvivenza a cinque e dieci anni superano il 90%.
Dobbiamo quindi riuscire a preservare il più possibile il ritorno ad una vita normale dopo la difficile esperienza con una neoplasia. Fondamentale per raggiungere questo obiettivo è la discussione multidisciplinare tra i diversi professionisti che hanno in cura il paziente: devono scegliere un percorso condiviso e poi proporlo alla persona interessata. È utile coinvolgere nel team anche un andrologo o un psiconcologo in modo da fornire un supporto adeguato anche per affrontare le disfunzioni sessuali».
Salvare la sessualità
Il problema è ben noto e molto diffuso: gli effetti collaterali delle terapie (e l’ansia) disturbano l’intimità.
Oltre la metà degli uomini con una neoplasia alla prostata sostiene che la malattia abbia compromesso la loro sessualità e lamentano problemi di disfunzione erettile. Nei casi più gravi di patologia di carcinoma vescicale più dell’80% dei pazienti lamenta sintomi come il dolore, calo del desiderio e problemi di erezione e di orgasmo.
Quasi tutti gli interessati, però, vivono male, nell’erronea convinzione che nulla possa essere fatto per migliorare la loro condizione. Invece le soluzioni a disposizione per arginare, se non eliminare del tutto, i vari disturbi della sfera sessuale oggi ci sono, ma è indispensabile superare la coltre di silenzio.
«Oggi è spesso possibile scegliere terapie che consentano di continuare ad avere una vita sessuale soddisfacente e, anche a livello chirurgico, essere meno invasivi» spiega Bracarda, direttore del Dipartimento di Oncologia dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni .
Nuove terapie per il cancro della vescica
Il tumore della vescica è emblematico dell’impatto che una neoplasia può avere sulla vita quotidiana. «È una forma di cancro che risulta in crescita in Italia e solo lo scorso anno ha fatto registrare oltre 31mila nuovi casi (5.700 tra donne) – prosegue Bracarda -. L’armamentario terapeutico disponibile si sta ampliando in quasi tutti i sottogruppi di patologia. È in arrivo la combinazione enfortumab vedotin più pembrolizumab come terapia di prima linea di trattamento per la malattia avanzata. I più recenti studi hanno evidenziato un significativo beneficio in termini di sopravvivenza rispetto alla sola chemioterapia. In terza e seconda linea, sempre per i casi di tumore avanzato, vi è anche erdafitinib, una target therapy che agisce solo nei casi in cui il carcinoma esprime una mutazione con alterazioni genetiche del FGFR3. Infine è notizia degli ultimissimi giorni l’arrivo di TAR-200, un nuovo dispositivo intravescicale che rilascia il chemioterapico gemcitabina all’interno dell’organo. Il trattamento riduce la necessità di ricorso alla cistectomia in pazienti non responsivi a trattamenti iniziali per malattia superficiale».
«Somministrare trattamenti più personalizzati ci consente un minore rischio di ricorso a cure inutili o addirittura talvolta controproducenti – conclude Alberto Lapini, past president SIUrO –. Evitiamo al paziente effetti collaterali molto temuti, come impotenza e incontinenza, a volte provocati dalla radioterapia o da alcuni farmaci. Per quanto riguarda invece la chirurgia, quella robotica è ormai una realtà consolidata in alcune strutture sanitarie del nostro Paese. Anche in questi casi le nuove tecnologie hanno semplificato il nostro lavoro e interventi molto complessi risultano di più facile esecuzione e sono meno-invasivi per i pazienti».
26 settembre 2025
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