
Si apre un possibile spiraglio per la crisi a Gaza. Il presidente americano Donald Trump ha annunciato che Israele ha accettato le condizioni per una tregua di 60 giorni nella Striscia. La notizia è arrivata a pochi giorni dal vertice alla Casa Bianca tra il tycoon e il premier israeliano Benjamin Netanyahu. «I miei rappresentanti — ha scritto Trump su Truth — hanno avuto ieri un lungo e produttivo incontro con gli israeliani su Gaza.
Israele ha accettato le condizioni necessarie per finalizzare il cessate il fuoco di 60 giorni, durante il quale lavoreremo con tutte le parti per porre fine alla guerra».
E poi ha aggiunto «Qatarioti ed egiziani, che hanno lavorato duramente per contribuire a portare la pace, presenteranno questa proposta finale» ad Hamas. «Spero, per il bene del Medio Oriente, che Hamas accetti questo accordo, perché la situazione non migliorerà, ma peggiorerà», ha concluso il presidente americano. A poco più di una settimana dalla fine dei 12 giorni di guerra comune contro l’Iran, i due alleati Benjamin Netanyahu e Donald Trump stanno adesso preparando il loro faccia a faccia previsto a Washington lunedì prossimo con due agende che hanno parecchi punti assonanti e però evidenziano anche interessi diversi.
È il loro terzo incontro dall’arrivo del presidente Usa alla Casa Bianca il 20 gennaio e vorrebbe aprire a una fase nuova negli assetti mediorientali, che comporti anche la ripresa dei Patti di Abramo, sebbene proprio i massacri di civili a Gaza stiano riproponendo con forza la necessità di pensare a una soluzione per la questione palestinese che sia compresa nel processo di normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita. Il lancio di un missile degli Houthi yemeniti alleati di Teheran ieri verso Israele ha sottolineato comunque il permanere dell’emergenza bellica. I comandi israeliani hanno poi dichiarato di avere distrutto il missile in aria.
Netanyahu e Trump vogliono presentare la loro campagna di bombardamenti contro l’Iran come una netta vittoria e non perderanno l’occasione per ribadire agli Ayatollah di Teheran che qualsiasi rilancio del programma nucleare verrà bloccato con nuovi e più intensi bombardamenti. Da parte iraniana poco lascia credere l’intenzione di cedere alle minacce. Il ministro degli Esteri, Abbas Araghchi, in un colloquio telefonico con il capo della diplomazia europea, Kaja Kallas, ha criticato quello che definisce «l’approccio distruttivo degli europei» e ha condannato «l’aggressione sionista e americana». In ogni caso, il premier israeliano concepisce l’intervento militare Usa contro l’Iran come una suo successo personale e adesso sta lavorando per rinsaldare la propria popolarità interna in vista di eventuali elezioni anticipate, che gli garantirebbero un nuovo mandato e soprattutto l’ennesimo rinvio del processo per corruzione.
Ma era proprio su Gaza che le due agende presentavano le incognite maggiori. Si spera superate dall’annuncio dell’accordo sulla tregua. Ieri Trump aveva dichiarato che sarebbe stato molto duro nell’insistere con Bibi sulla necessità di arrivare presto a un cessate il fuoco — «entro una settimana», aveva detto — e aggiunto che «anche lui (Netanyahu, ndr) è d’accordo». L’inviato israeliano Ron Dermer si trova a Washington proprio per preparare il terreno. Sono previsti colloqui con l’inviato Usa, Steve Witkoff, il Segretario di Stato, Marco Rubio, e il vicepresidente JD Vance. La mediazione Usa avviene tramite incontri con emissari egiziani e qatarioti di Hamas.
Sul tavolo c’è l’idea di un cessate il fuoco lungo 60 giorni durante i quali Hamas dovrebbe liberare una decina di ostaggi israeliani vivi (ad oggi si crede siano ancora una ventina) e i corpi di altri 15 (su una trentina ritenuti morti). Ma nulla garantisce che la formula possa funzionare.
2 luglio 2025 ( modifica il 2 luglio 2025 | 07:37)
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