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Trump ferma gli aiuti a Kiev: «Prima gli interessi americani». Mosca: così finisce il conflitto

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Che il presidente statunitense abbia fatto del disimpegno militare in Ucraina uno dei suoi cavalli di battaglia non è una novità. Ma che tagli — per la seconda volta in meno di sei mesi — le forniture militari e soprattutto quelle difensive a partire dai sistemi di difesa anti-aerea Patriot, con la motivazione di voler preservare le scorte del proprio arsenale, è una batosta difficile da assorbire per Kiev.

Prova a reagire il governo di Volodymyr Zelensky che convoca l’inviato Usa per chiedere chiarimenti di un taglio che sarebbe «disumano» come l’ha definito il primo consigliere del presidente Mykhailo Podolyak e rilancia l’offerta di acquistare quel tipo di armi. Opposta la reazione del Cremlino che definisce la svolta americana come un passo per «avvicinarsi alla fine della guerra». 

È stato Politico ad aver fatto filtrare la notizia martedì. Poi, la conferma della Casa Bianca: la decisione di sospendere l’invio di alcune tipologie di armi a Kiev è stata presa nei giorni scorsi dal responsabile politico del Pentagono, Elbridge Colby, al termine di una revisione complessiva delle dotazioni della Difesa. Motivazione: «Mettere al primo posto gli interessi americani».
Le armi attese da Kiev rientravano nei pacchetti di aiuti decisi da Joe Biden, e sebbene nessuna nuova spesa fosse stata autorizzata da Trump, le forniture erano continuate ad arrivare, a parte la breve pausa a marzo. 

Il ministero degli Esteri, in assenza di una comunicazione ufficiale da Washington sullo stop alle forniture, convoca l’incaricato d’affari John Ginkel per fare il punto, sottolineando che «qualsiasi ritardo nel sostenere le capacità difensive dell’Ucraina non farà altro che incoraggiare l’aggressore a continuare la guerra e il terrore, invece di cercare la pace».

Zelensky, nel discorso serale, prova a rassicurare la nazione spiegando che con gli Usa «si stanno definendo tutti i dettagli della fornitura di supporto alla difesa», sottolineando che «dobbiamo garantire in ogni modo la protezione del nostro popolo», mentre il ministro Andrii Sybiga chiede di «acquistare o prendere in affitto» i sistemi di difesa. Una proposta che Zelensky aveva già ribadito durante il summit Nato dell’Aia a cui Trump non ha risposto in modo netto preferendo concentrare il suo appoggio militare all’altro alleato, Israele.

E se a fronte di una minor assistenza militare americana le capacità difensive dell’Ucraina nel lungo termine sono a rischio nonostante gli sforzi aggiuntivi degli europei, è Mosca a guardare con ottimismo ai prossimi mesi forte dell’indebolimento dei rapporti tra Kiev e Washington. «Meno armi vengono fornite all’Ucraina, più vicina è la fine della guerra», sottolinea sornione il portavoce Dmitri Peskov, mentre le fabbriche riconvertite all’economia di guerra incrementano la produzione di missili e droni, arrivando a circa 70 Iskander balistici e 15 Kinzhal ipersonici al mese.
Oltre 500 colpi sono stati sparati dal cielo sabato notte, nel raid più massiccio dall’inizio delle ostilità. Lo stesso Vladimir Putin, nella prima telefonata con Emmanuel Macron dopo tre anni, ostenta con sempre maggior convinzione la sua posizione di forza: per lo zar l’unica pace possibile deve «riconoscere le nuove realtà territoriali», quindi non ci sarà nessun passo indietro sulle conquiste ottenute dall’Armata dice al capo dell’Eliseo. 

In questo quadro l’intelligence ucraina stima che la Corea del Nord sia pronta a triplicare il numero delle truppe da affiancare ai russi, inviando al fronte altri 25-30 mila soldati nei prossimi mesi. In aggiunta agli 11 mila che da novembre avevano contribuito a respingere l’incursione ucraina nella regione di Kursk. Pyongyang finora ha pagato caro questo aiuto: circa 4.000 soldati uccisi o feriti.

3 luglio 2025

3 luglio 2025

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