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Torino, Lo Russo e la sfida del 2027: «Completiamo i dossier e discutiamo della città che vogliamo»

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«Non si vota nel 2026, vi do una notizia». Ricorre all’ironia, Stefano Lo Russo, per sgombrare il campo dal dibattito delle ultime settimane sulla sua ricandidatura a sindaco tra un anno e mezzo, davanti ai veti del Movimento 5 Stelle e di una parte della sinistra ambientalista. «C’è stata grande agitazione questa estate», si era confidato l’altra sera con la segretaria del Pd Elly Schlein, alla Festa dell’Unita.

Ieri sera, dallo stesso palco, in Piazza D’Armi, il primo cittadino è tornato a dettare l’agenda: «Davanti a noi abbiamo ancora 18 mesi di lavoro, mesi in cui puntiamo a chiudere i tanti dossier aperti: avviare i lavori della Metro 2, completare i cantieri del Valentino, si via Roma, di piazza Baldissera, per cui chiedo scusa per le code di questa sera, ma la colpa — scherza — è dell’assessora Foglietta. E poi varare il nuovo piano regolatore».

Lo Russo non sottovaluta il tema delle alleanze, ma forte della «piena fiducia» dichiarata l’altra sera dalla leader dem, strenua sostenitrice del campo largo, intende rimettere al loro posto chi in queste ultime settimane ha cercato di mettere in dubbio il suo operato.

«I partiti faranno le loro riflessioni, e così, quando sarà ora, avvieremo un confronto con la società torinese sul modello di città che vogliamo. E allora — prende tempo — si ci sottoporremo al giudizio dei torinesi».

Un «campo culturale»

Nessuno mette più in discussione, alla luce del nuovo corso dem, l’esigenza di allargare le alleanze nel centrosinistra. Nemmeno Lo Russo. «Distinguo il piano nazionale da quello locale, che ha le sue specificità», mette le mani avanti, il sindaco. Ma al contempo riconosce le ragioni generali della linea della segreteria di cui lui stesso, in qualità di coordinatore dei sindaci metropolitani, fa parte. «Davanti alla destra nazionalista, razzista e xenofoba, che lascia indietro chi non ce la fa, io credo che si debba provare a costruire un campo culturale, non partitico, che costruisca una visione del mondo e della società alternativa a quella delle destre. E il Pd sente la responsabilità di comporre questo campo», chiarisce Lo Russo. Altra cosa però sono le spartizioni. «Non si tratta — avverte il primo cittadino — di confrontare tra di loro le piccole rendite di posizione dei partiti, ma di costruire un modello culturale, dove ciascuno può mettere da parte alcune sue specificità in nome di un progetto comune».

La crisi dell’auto e quella demografica

Il confronto è stata l’occasione per Lo Russo di toccare i temi più urgenti per la città: «La crisi dell’auto, che non è un problema solo locale, ma il riflesso di una debolezza strutturale europea. Mentre Cina e Stati Uniti investono pesantemente nell’industria, l’Europa resta indietro, ostaggio di decisioni lente e meccanismi politici superati. Il mondo corre — avverte — e noi rischiamo di restare fermi».

Torino, città simbolo dell’automotive, subisce più di altri territori questa transizione, anche a causa di una popolazione sempre più anziana. Per il sindaco, servono politiche industriali vere, con investimenti pubblici e regole europee più snelle. «Non si può aspettare otto mesi per un incentivo all’elettrico», dice con tono critico verso il governo nazionale.
Sulle Zone economiche speciali, Lo Russo apre: «Sono un’ipotesi da esplorare, ma serve una visione industriale chiara, a livello italiano ed europeo». Anche sul tema della difesa, la riflessione è geopolitica: «Il disimpegno Usa impone un ripensamento della difesa comune europea».

La «Città del ceto medio»

Torino, però, per il sindaco ha le carte in regola per diventare ancora più attrattiva: offre un costo della vita sostenibile, ampi spazi e un’università d’eccellenza, anche se «due su tre non riescono a entrare al Politecnico: è un problema strutturale».

L’immigrazione, invece, è una risorsa, non una minaccia: «Se non arrivano giovani, tra 20 anni la società collassa».

Lo Russo insiste anche sulla scuola come motore d’integrazione, in una città dove un bambino su quattro non ha cittadinanza italiana. «Le scuole devono restare aperte anche al pomeriggio».
Ambiente, mobilità, città dei 15 minuti, sanità pubblica: i progetti non mancano. Si lavora al nuovo piano regolatore, con un obiettivo preciso: «Una città per il ceto medio, non per i super ricchi».
E sullo smog: «Non ci nascondiamo. Stiamo riducendo le emissioni, ma servono decisioni complesse. Le telecamere sulle corsie dei mezzi pubblici? Scelte necessarie».


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10 settembre 2025

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