
«Ammetto che non mi piaceva il nome di queste Fru-Fru», confessa il sindaco Stefano Lo Russo con una battuta che, sfiorando la gaffe politicamente scorretta, ha provocato più di un sorriso nella platea della Escp, dove i rappresentanti della Torino che conta si sono radunati per scoprire il nuovo piano regolatore. Ma la battaglia sul nome delle Figure di Ricomposizione Urbana rischia di spostare l’attenzione dalla prima grande novità di questo Prg, atteso da trent’anni. «Abbiamo indicato grandi aree dove guidare l’investimento pubblico e privato», spiega l’assessore all’Urbanistica Paolo Mazzoleni.
A segnare il trascorrere del tempo, da quando nel 1995 fu approvato il piano regolatore di Cagnardi e Gregotti, è l’addio alle Zut. Le Zone Urbane di Trasformazione dovevano spingere il rilancio delle aree industriali della Torino di allora e, in gran parte, sono rimaste sulle cartine colorate.
Guardando al futuro, Palazzo Civico vuole orientare lo sviluppo urbanistico lungo l’asse di corso Romania, l’area Thyssenkrupp, corso Marche, la zona Lesna, corso Settembrini, l’ultimo tratto di via Nizza, la strada dell’Innovazione tra Spina 3 e le Ogr e, infine, la parte Rebaudengo-Regio Parco. A partire da quest’ultima, che sarà toccata dalla seconda linea della metropolitana, l’assessore Mazzoleni e la sua squadra tratteggiano un piano regolatore che si svilupperà seguendo i principali assi di trasporto. «Quello del 1995 non prevedeva neanche la linea 1», ricorda Mazzoleni, che guarda alle future stazioni della metro in Barriera di Milano e quelle del Sistema Ferroviario, convinto che possano diventare volano per attirare investimenti. «Prevediamo una maggiore densità urbana vicina agli assi di trasporto», aggiunge il sindaco Lo Russo, mettendo l’accento su uno dei meccanismi del futuro Prg.
Così la scommessa del Comune va oltre la costruzione di nuovi edifici nei vuoti urbani vicino alla metro o all’autostrada, vedisi l’ex Gondrand o l’ex Michelin. L’obiettivo è offrire una seconda chance anche alle aree industriali oggi troppo grandi, perché la produzione è stata spostata altrove.
Mazzoleni non cita Mirafiori per evitare polemiche e, per immaginare la seconda vita dei capannoni, si affida a un caso di rinascita «ibrida» scovato in fondo a via Bologna. «Vogliamo un mix funzionale e regole capaci di accogliere anche attività che oggi forse non sappiamo nemmeno nominare. Faccio un esempio concreto: il Lanificio. In quella che era una vecchia fabbrica oggi convivono 80 aziende su 40 mila metri quadri occupati da agenzie di moda, lavoro creativo, artigianato. Un luogo così ha bisogno di regole per continuare a esistere, crescere e rigenerarsi che dobbiamo costruirle noi, con lungimiranza e coraggio».
E se la slide sulle Ogr serve a lanciare l’idea che Torino possa diventare «capitale del riuso» — forse un titolo non felice, a proposito di nomi — l’altro grande cardine del Prg, firmato dall’ex presidente degli architetti di Milano (scelto dal sindaco per «aprire una finestra» rispetto all’aria stantia nostrana), è la scommessa sui quartieri. «Per la prossimità, lavoreremo su tutti e 34. Il nostro compito è proteggerli, valorizzando la centralità di ognuno». Il Comune prevede interventi per rilanciare non solo gli assi dei fiumi, ma anche i «piani terra», con i negozi che in centro e vicino alle università diventano sempre più spesso abitazioni o Airbnb.
L’ultimo tema evocato da Mazzoleni è l’inclusione: «Comprare un appartamento è ancora possibile, non siamo ai livelli di Milano. Tuttavia, è l’affitto a rappresentare un problema sempre più grave, per i residenti e gli studenti. È il momento giusto per intervenire. Abbiamo bisogno di strumenti perequativi intelligenti, che sappiano redistribuire in modo equo la ricchezza generata dalla trasformazione urbana, per rispondere concretamente ai bisogni della città».
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15 ottobre 2025 ( modifica il 15 ottobre 2025 | 07:39)
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