
Una finale drammatica nei tempi (58’) e nei modi (6-0, 6-0), maledettamente simile a quel Graf-Zvereva per il titolo del Roland Garros ’88 durata 32’, apre i cancelli di Wimbledon all’ingresso di Iga Swiatek (foto), 24 anni, l’ex n.1 polacca che al sesto titolo Slam riesce a espugnare l’erba di Church Road. In un match a senso unico (eufemismo), Swiatek travolge l’americana di genitori moscoviti Amanda Anisimova, scoppiata in lacrime sul centrale quando ha capito che a un’avversaria così feroce e motivata non sarebbe mai riuscita a strappare nemmeno un game, solo due manciate di quindici (24).
Sotto gli occhi della principessa Kate e davanti a un royal box zeppo di campionesse che hanno fatto la storia del tennis (Navratilova e Evert, la pioniera Billie Jean King), Anisimova è stata travolta dalle circostanze. Paralizzata dalla tensione, non è riuscita ad organizzare una sia pur minima resistenza a Swiatek e lo spettacolo che ne è uscito, trasmesso in mondovisione, ha risollevato il dibattito sui premi uguali per uomini (che qui giocano tre set su cinque) e donne. Anisimova, uscita con coraggio da un buco nero di depressione, da domani top 10, si è scusata pubblicamente: «Non sono stata all’altezza».
Swiatek, una sospensione per positività non appellata dalla Wada alle spalle, ha ottimi motivi per esultare: risale al n.3 del ranking che un tempo ha dominato, alle spalle di Sabalenka e Gauff, le rivali che le contendono i grandi titoli. Forse ha festeggiato con un bel piatto di pasta con fragole e panna, la ricetta che adora. Intasca un assegno da tre milioni di sterline (quasi 3,5 milioni di euro), lo stesso che aspetta Sinner o Alcaraz. Parità di diritti significa, tra l’altro, prize money uguali, anche se oggi non mancheranno i temi a chi non è d’accordo.
13 luglio 2025 ( modifica il 13 luglio 2025 | 07:59)
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