
Rinoceronti radioattivi: sembra la trama di un film di fantascienza, ma è in realtà un’esperimento per ridurre il bracconaggio in Sudafrica.
La campagna, nata da una collaborazione tra i dipartimenti di Fisica e Conservazione ambientale dell’Università di Witwatersrand, prevede di iniettare nei corni degli animali isotopi radioattivi. Una procedura innocua per i rinoceronti e che andrebbe eventualmente ripetuta solo dopo diverse decine di anni, ma che potrebbe dare un aiuto importante alla lotta contro i traffici illegali: gli isotopi radioattivi, utilizzati in piccole quantità, sarebbero immediatamente identificabili al passaggio sotto i sistemi di sicurezza, che captano le radiazioni e prevengono il terrorismo negli aeroporti e nelle zone di frontiera. In questo modo, i criminali verrebbero subito intercettati.
Radioattivi a fin di bene (e senza rischi)
Il “Rhisotope Project”, questo il nome del programma no profit, è ora ufficialmente avviato: cinque mammiferi sono stati “radioattivizzati” in questi giorni con risultati positivi nella Biosfera UNESCO Waterberg di Limpopo, vicino allo Zimbabwe; l’anno scorso 20 erano stati sottoposti ai test (maschi e femmine, 18 bianchi e 2 neri, monitorati attentamente due volte al giorno per sei mesi). L’obiettivo finale è quello di passare dalla sperimentazione alla larga scala, includendo anche gli elefanti, i pangolini e altre specie di fauna e flora in pericolo.
La sostanza inoculata, è stato appurato tramite numerose ricerche, non nuoce in alcun modo ai rinoceronti, all’ambiente in cui si muovono e agli animali che vengono in contatto con loro. James Larkin, coordinatore scientifico dell’operazione (nelle varie fasi, il processo assomiglia ai trial clinici condotti dalle case farmaceutiche per le nuove sperimentazioni), ha riferito ad Associated Press che «senza alcun dubbio, gli studi effettuati dal 2021 garantiscono il procedimento assolutamente sicuro per gli animali, ed efficace nel rendere il corno identificabile dai radar presenti alle frontiere: nei test, anche una piccolissima quantità di materiale radioattivo ha fatto scattare gli allarmi dei rilevatori». Non solo: sono stati individuati anche corni nascosti in container profondi 12 metri. Il progetto, inoltre, ha anche una funzione preventiva, poiché nelle aree in cui saranno presenti rinoceronti isotopizzati verrano posizionati cartelli per avvertire i bracconieri che la caccia potrebbe…ritorcersi contro di loro.
Un mercato nero che va fermato
Il problema del bracconaggio sta diventando sempre più pressante: l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura ha stimato che la popolazione dei rinoceronti sia diminuita in maniera drastica, dai 500 mila all’inizio del 1900 ai soli 27 mila attuali. La maggior parte degli esemplari si trova in Sudafrica (16 mila), dove però, proporzionalmente, è molto diffusa la caccia al corno; ogni anno (con un calo nel periodo del Covid), circa 500 rinoceronti vengono uccisi. Da qui, la necessità di nuove soluzioni, più effettive.
Sul mercato nero, soprattutto su quello cinese e asiatico, i corni continuano ad essere richiesti, poiché secondo la medicina tradizionale avrebbero proprietà curative e afrodisiache. La teoria non è mai stata comprovata a livello scientifico: l’oggetto di immotivato desiderio è costituito principalmente da cheratina, come i nostri capelli o le unghie. Un’altro motivo che spinge gli acquirenti a rivolgersi ai trafficanti è il collezionismo di oggetti considerati di valore, o il semplice desiderio di esporre il corno.
Una volta tolta l’appendice ossea, il rinoceronte rimane monco, privato di una parte fondamentale che usa per difendersi, proteggere il territorio, stabilire le gerarchie e scavare alla ricerca di acqua e radici.
Sul sito del progetto si legge che «il bracconaggio è uno dei quattro maggiori crimini alla base del mercato nero: gli altri sono droga, traffico umano e traffico di armi. Queste attività contribuiscono a rendere il mondo un posto più pericoloso per tutti». Per il Rhisotope Project, è importante associare alla tutela zoologica anche un valore filantropico e una funzione formativa: coinvolgendo la comunità locali attivamente, i cittadini si sentono protettori di una specie, diventano essi stessi custodi degli animali e creano uno spazio più sicuro e meno violento, lontano dai traffici. Chi viene educato al rispetto dell’ambiente, meglio se in giovane età, eviterà di associarsi al bracconaggio e avrà una coscienza sociale più sviluppata: ecco perché molti studenti vengono invitati a visitare di persona le riserve dove vivono i rinoceronti coinvolti.
Oltre ai parchi e alle aree protette, questo nuovo metodo apre quindi una strada mai sperimentata prima: ci auguriamo che il progetto funzioni, contribuendo a ridurre il rischio di estinzione (aumentato anche a causa della deforestazione e dell’urbanizzazione) di una specie che andrebbe ammirata libera, viva e integra nel suo ambiente di provenienza. Con il corno al suo posto, e non nel pestello di un alchimista o sul tavolino di una villa coloniale.
1 agosto 2025
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