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Starbucks, la crisi del caffè americano: 100 chiusure e altri 900 licenziamenti. I tagli del ceo che va al lavoro in jet

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Starbucks progetta una cura dimagrante. La catena americana di caffè sta pianificando di chiudere i negozi che presentano risultati insoddisfacenti nel Nord America, anticipa l’agenzia Reuters. Chiuderebbe i battenti anche la torrefazione simbolo di Seattle, mentre l’amministratore delegato Brian Niccol prosegue con il suo sforzo di ristrutturazione, che dovrebbe costare 1 miliardo di dollari nel tentativo di rilanciare le vendite. 

I tagli agli store

L’ipotesi è che il numero di punti vendita della catena di caffè negli Stati Uniti e in Canada diminuirà dell’1%, ovvero di diverse centinaia entro la fine dell’anno fiscale 2025. Niccol sta cercando di ripristinare l’atmosfera da «caffetteria» della catena per riportare i clienti nei suoi punti vendita dopo sei trimestri consecutivi di calo delle vendite negli Stati Uniti.

I colloqui arenati col sindacato

I colloqui tra Starbucks e il sindacato Workers United, che rappresenta oltre 12 mila baristi, sono iniziati lo scorso aprile, ma da allora si sono arenati.
A dicembre alcuni di loro hanno lasciato il lavoro in diverse città degli Stati Uniti, proclamando uno sciopero durato diversi giorni durante il periodo di punta delle festività natalizie. Anche gli addetti della torrefazione di Seattle hanno votato per costituirsi in un ulteriore sindacato nel 2022 e lunedì hanno manifestato davanti al punto vendita.

Le proteste a Chicago

Anche il punto vendita fortemente sindacalizzato di Chicago, in Ridge Avenue, è stato chiuso. I baristi presenti al picchetto provenivano da caffetterie della zona. «Siamo qui per ricordare all’azienda che sono i lavoratori a portare le persone negli store», ha detto alla Reuters Diego Franco, che proviene da un store di Des Plaines, un sobborgo di Chicago. Un portavoce di Starbucks ha affermato che lo status sindacale delle caffetterie «non è un fattore determinante nel processo decisionale». Gli analisti di TD Cowen stimano che circa 500 negozi di proprietà dell’azienda in Nord America siano stati interessati dalla ristrutturazione.

Gli investimenti e la concorrenza

Nel suo primo anno di lavoro, Niccol si è concentrato sugli investimenti nei punti vendita Starbucks per ridurre i tempi di servizio e ripristinare l’atmosfera di una caffetteria. L’azienda ha registrato una serie di cali trimestrali delle vendite negli Stati Uniti, poiché la domanda dei suoi costosi caffè e latte ha subito un duro colpo a causa dei consumatori diventati più esigenti e dell’intensificarsi della concorrenza.

La lettera ai dipendenti

«Durante la ristrutturazione abbiamo individuato delle caffetterie in cui non siamo in grado di creare l’ambiente che i nostri clienti e partner si aspettano, o in cui non intravediamo un percorso verso risultati finanziari accettabili, e queste sedi saranno chiuse», ha affermato Niccol in una lettera ai dipendenti. L’amministratore delegato ha dichiarato che l’azienda chiuderà l’anno fiscale con un totale di quasi 18.300 punti vendita Starbucks – gestiti e autorizzati dall’azienda – negli Stati Uniti e in Canada. Questo dato si confronta con i 18.734 punti vendita dichiarati in un documento di luglio.

Il trattamento particolare riservato al ceo

Ma Niccol quando si è insediato l’anno scorso è stato attaccato: era rimbalzata una lettera resa pubblica dalla Sec, l’authority di vigilanza delle società quotate negli States datata 11 agosto 2024, che registrava l’offerta al ceo da parte dell’azienda. Contratto confermato che prevede l’uso dell’aereo aziendale per gli spostamenti casa-lavoro. Dal documento, diffuso anche dall’azienda era anche emerso il trattamento economico e di welfare di Niccol, che ha uno stipendio di 11,3 milioni di dollari e può lavorare in smart working da un ufficio appositamente creato per lui a Newport beach, in California (ne abbiamo scritto qui). 

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26 settembre 2025

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