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Sinner, oggi a Wimbledon la finale con Alcaraz: cosa hanno hanno fatto alla viglia e com’è andato l’ultimo confronto sull’erba. «Jannik se la gioca da zero»

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DALLA NOSTRA INVIATA
LONDRA – «Hola Giannik, como estas?». Mezzogiorno a Aorangi Park, sui campi periferici del Tempio, alla vigilia del duello tra giovani pistole più rovente a sud del Tamigi (oggi in Church Road previsti 29°), può riservare squarci di verità.

Con gli occhi neri che brillano arriva per l’allenamento di rifinitura Carlos Alcaraz, scarpe in mano, aria scanzonata, barbetta elettrica, cuor contento per natura, dalle serate con gli amici a Ibiza alla terza finale consecutiva di Wimbledon. Va incontro a Jannik Sinner, il predestinato italiano che l’allineamento degli astri — 627 giorni di differenza ma sembrano gemelli diversi — gli ha assegnato in sorte. E viceversa. 

Jannik è serio, lo è sempre stato, lo era già da bambino: è anche il contrasto di maschere, oltre che di stile, a rendere esplosiva la rivalità di questo momento storico e del prossimo decennio. Però quando vede Carlitos si lascia contagiare. S’illumina, le lentiggini si fanno da parte per far passare un bel sorriso. Appoggia il pugno sul petto del rivale, il gesto d’affetto più clamoroso che questi due talenti costretti a vivere o morire in pubblico un mese dopo le folies di Parigi possono permettersi. Ciao, dice Jannik diretto verso il suo riscaldamento, ci vediamo. Possibilmente non più all’inferno.

Qui Wimbledon, il luogo delle fragole e dei sogni più dolci della panna. Tra Sinner e Alcaraz, chi vince la prima finale dal 2018 senza Novak Djokovic, pianta il suo nome nella leggenda. Il messaggio è chiaro: il tennis non è (più) un Paese per vecchi. L’erba seleziona più della terra però per la quarta volta nell’era open all’ultimo atto di Parigi e Londra arrivano gli stessi: l’ultima nel 2008, Federer e Nadal, che dell’esaltazione dei contrasti sono gli zii in pensione. Wimbledon è l’Oscar del tennis, se lo contendono un ragazzo italiano di 23 anni e 318 giorni, il più giovane a centrare quattro finali Slam consecutive (3 vinte su 5 in totale), e un fresco 22enne che dal ritorno del rivale dalla sospensione per le conseguenze del Clostebol ha tratto linfa vitale: 15-4 il bilancio vittorie/sconfitte di Alcaraz nei tre mesi desinnerizzati, 24-0 da quando Jannik è rientrato

Sinner Alcaraz

Le parole di Jannik e Carlos

Harry Potter ha fatto più magie sull’erba (4 titoli) di quanti match abbia perso in carriera (3) su questa superficie. «Per dare il massimo ho bisogno di sentirmi libero e divertirmi» spiega lo spagnolo, qui portato al quinto set solo dall’immenso talento vintage di Fognini, avanzato tra set persi per strada (5) e partite a golf per distrarsi, mentre Sinner camminava sull’orlo del burrone con Dimitrov e si faceva largo con il gomito destro fasciato, aggrappandosi al ricordo di sé su questi prati.

A proposito: l’ultimo confronto diretto sul verde dice Italia, però è datato. Ottavi di Wimbledon 2022. Alcaraz spazza via con una manata qualsiasi tentazione di credere al passato: «Sono trascorsi tre anni, siamo tennisti completamente diversi. La grande difficoltà su questa superficie sono i movimenti, e io vedo Jannik scivolare sull’erba, con entrambe le gambe, come se fosse terra. Incredibile». «Felice di dividere ancora il campo con lui — è la risposta dell’azzurro —. Se pensassi ancora a Parigi, non sarei arrivato in finale a Wimbledon. Dopo il Roland Garros ho lavorato ancora più duro per migliorarmi».

Il padre Hanspeter e il fratello Mark sono già a Londra. Oggi arriva mamma Siglinde, che sulla rive droite ha lasciato lacrime e patimenti. La mozione degli affetti per la partita che ci dirà se l’inerzia può essere ribaltata (spoiler: può). Alcaraz conduce i confronti diretti (8-4), le sfide a livello Slam (3-1) e in finale (3-1), inclusa Roma, dove Jannik rientrava nel circuito Atp e Carlitos riprendeva slancio. «Ha la consapevolezza per resettare e giocarsela da zero — sostiene Darren Cahill, coach australiano del n.1 —. Se io avessi mancato tre match point al Roland Garros, avrei il cuore a pezzi. Invece Jannik ha saputo rimbalzare in piedi e costruirsi la strada verso questa finale». 

«Dal primo game con Fognini Carlos ha alzato il livello — è l’analisi di Juan Carlos Ferrero, ex n.1 del ranking, coach dello spagnolo —. L’erba di Wimbledon è diversa da quella del Queen’s e lui aveva bisogno di abituarcisi. Contro Sinner gli diremo di andare in campo con gioia».

Poche partite contengono tanti significati altri e collaterali come il match che vale il trofeo più antico del tennis individuale. Ieri, dopo quell’incontro fortuito, Sinner (sempre con il manicotto) ha lavorato sulle risposte e Alcaraz sui servizi da sinistra, il lato del vantaggio, lo snodo di ogni cosa. Se Carlitos sorride, sorride anche Jannik.

13 luglio 2025

13 luglio 2025

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