Figli, amici, colleghi e compagni di banco parlamentare. A ricordare Fulco Pratesi al Bioparco di Roma l’altro giorno c’erano proprio tutti. Alla testa dell’ecologismo italiano in una cavalcata che ha attraversato sessant’anni del nostro Paese, uno dei grandi meriti del fondatore del Wwf Italia -scomparso all’inizio di marzo – fu senz’altro quello di riuscire a portare la natura nei meandri della politica, anche negli anni in cui alcuni linguaggi della politica valicavano quelli del confronto istituzionale.
Costruì e consegnò alla storia un sistema associativo in grado di indirizzare i processi normativi, con il risultato di passare – nel giro di mezzo secolo – da 4 a 24 parchi nazionali istituiti lungo tutto lo Stivale. Inaugurò la grande stagione della divulgazione della natura senza mai abbandonare pennelli e acquerelli, nemmeno quando l’uragano digitale iniziò a dettare l’agenda a colpi di reel e stories. Ma oltre l’impegno civico, Fulco Pratesi fu un uomo di famiglia per sua moglie Fabrizia e per i suoi quattro figli, oltreché un mentore per tanti. Un uomo del Novecento, un ecologista pur essendo stato un cacciatore, un naturalista pur essendo un architetto.
E tra gli amici, c’è chi ha raccolto il testimone della divulgazione scientifica. Offrendo a una visione che prese forma a metà degli anni ’60, la forza di rimanere attuale anche nell’era dell’intelligenza artificiale. Francesco Petretti, biologo, ornitologo, divulgatore, condivise con lui l’amore per la natura sin dagli anni della prima gioventù. «Del tempo trascorso insieme – ha ricordato Petretti al Corriere – ho infiniti ricordi, ma quello che torna alla mia mente con maggiore immediatezza è l’escursione domenicale che facevamo, prendendo il treno accelerato, a quei tempi si chiamava così, che ci lasciava ad Albinia, nella Maremma Toscana, e che riprendevamo, la sera, a Orbetello scalo, dopo aver costeggiato a piedi tutta la laguna di Ponente. Giornate che iniziavano alle quattro di mattina, quando partiva il treno, e si traducevano in una immersione totale nel mondo degli animali, della natura, ma non solo. Parlavamo di tutto. Avevo poco più di dieci anni, ero un ragazzino, ma Fulco mi trattava come un adulto, affidandomi incarichi e non lesinando riconoscimenti. Aveva sempre tempo per una telefonata, un incontro, uno scambio di opinioni. Lo aveva per tutti».

Oltre l’uomo politico, l’appassionato di natura, il visionario. Chi era Fulco Pratesi?
«Una persona sempre pronta a dare fiducia. Questa è una cosa particolare perché nel mondo degli adulti si trova sempre un po’ di resistenza nel dare spazio ai giovani. Lui no. Faceva correre, faceva galoppare. Se si era con lui, si riceveva sempre una spinta a fare le cose. Quanto ho fatto, e spero di continuare a fare, in ogni campo, dipende dai cinquantacinque anni che ho trascorso in continua sinergia di pensieri e di azioni con Fulco. Da cui ho mutuato anche l’ottimismo, l’atteggiamento positivo, che sempre ha accompagnato il suo cammino e che spero accompagni sempre anche me e tutti coloro che si riconoscono nel suo messaggio di amicizia e di sostegno verso tutte le creature, a partire dagli uomini».
La sua eredità più importante per l’ecologismo di oggi?
«Il messaggio che ha lasciato è “Si può”. “Si può” perché tante battaglie sono state affrontate e sono state vinte. In questo nostro Paese, ci troviamo oggi in una situazione decisamente molto migliorata dal punto di vista della conservazione della natura. Esistono certo i grandi problemi globali, come quello del cambiamento climatico e del declino della biodiversità, ma molte sfide hanno avuto successo. L’istituzione della Legge Quadro sui parchi nazionali, la tutela del mare, la biodiversità che è entrata nella Costituzione, un ridimensionamento e una regolazione anche delle attività di pesca e di caccia. L’operazione San Francesco per il lupo quando i lupi in Italia erano forse meno di un centinaio, il salvataggio del cervo sardo, il riscatto e la difesa degli ambienti palustri, lo sviluppo dell’agricoltura biologica. Sfide che condusse in modo concreto, senza lungaggini. Tutto questo ci porta a vedere positivo. Il bicchiere mezzo pieno era sicuramente quello che Fulco sempre vedeva e che oggi noi abbiamo il compito di portare nel futuro».
Tante vittorie, ma tante battaglie restano ancora da svolgersi. Una per tutte?
«La battaglia da vincere oggi in Italia è quella relativa al nostro stile di vita. Noi oggi dobbiamo fare i conti con il risparmio energetico e con la salvaguardia delle risorse in generale. Tutti dobbiamo diventare consapevoli del fatto che abbiamo delle risorse limitate. Quello che consumiamo in eccesso, lo andiamo a togliere al resto dell’umanità. È questa la sfida di oggi che ancora dobbiamo vincere. Sempre in difesa della vita selvatica, come Fulco amava definire il suo campo sconfinato di azione, con termini che oggi sono diventati biodiversità, sviluppo sostenibile, ed economia verde».
26 giugno 2025 ( modifica il 26 giugno 2025 | 12:04)
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