«Maschio alfa»: un modo di dire ormai risaputo e che adattiamo anche alla specie umana, usato per identificare un esemplare dominante, di sesso maschile, in grado di dettare le dinamiche del branco. Il termine è ormai sdoganato; eppure, uno studio recente condotto sui primati, categoria molto simile a noi (con gli scimpanzé condividiamo il 98,6% del nostro patrimonio genetico), ha dimostrato che quello del «maschio alfa» non è un concetto così scientifico. E che in natura i meccanismi di potere tra i sessi non sono affatto definiti.
La teoria diffusa tra i ricercatori finora era la seguente: gli esemplari di sesso maschile comandano, perché sono più grandi, più forti e più necessari per la sopravvivenza del gruppo. Una nuova ricerca condotta dagli scienziati tedeschi dell’Istituto Max Planck per l’Antropologia Evolutiva e da quelli francesi dell’Università di Montpellier ha mostrato invece che il sesso dominante è variabile.
Sovvertite le convenzioni
La ricerca ha analizzato i dati di 253 studi condotti su 121 specie di primati (in totale, ad oggi nel mondo ne sono state riconosciute circa 500) che si sono focalizzati sulle interazioni agonistiche tra maschi e femmine (combattimenti, minacce, episodi di sottomissione). A sorpresa, è emerso che il maschio dominante costituisce più l’eccezione della regola: il 17% dei primati hanno agito in base a logiche di controllo maschile, il 13% femminile, il 70%, variabile, con il potere alternato tra maschi e femmine.
«Le dinamiche tra maschi e femmine sono molto più flessibili di quanto abbiamo assunto fino ad oggi a livello generico» ha spiegato Dieter Lukas, uno dei ricercatori, a El País. «Per la prima volta rispetto alle analisi passate è stata rivelata una forte variabilità, con fluttuazioni e passaggi di potere da un sesso all’altro anche tra gruppi della stessa specie».
Infatti, le prime scimmie studiate nella storia della primatologia sono stati i babbuini, i macachi e gli scimpanzé, tutti esemplari che creano gruppi a dominazione maschile e hanno contribuito a rendere questa casistica l’archetipo. Ora, invece, si è scoperto che anche le femmine riescono a ottenere il potere in maniere differenti, e a volte in modi più pacifici, senza usare forza e coercizione.
I sistemi a dominazione femminile sono più frequenti in specie che comprendono esemplari femmine monogami o della stessa stazza fisica dei maschi: lemuri, galagi (lemuri topo), lori lento (scimmia notturna di piccole dimensioni). Succede anche dove sono le femmine a controllare il processo riproduttivo, scegliendo, come i bonobo, con chi accoppiarsi e quando («È questa la principale dinamica con cui le femmine ottengono il potere», specifica il dott.Lukas), o dove non si verificano infanticidi, fattore che aiuta a ridurre i conflitti. Al contrario, le società a controllo maschile sono quelle con più maschi e con gruppi più territoriali, o in cui le femmine si accoppiano con un maggior numero di partner: accade tra gorilla, scimpanzé, babbuini neri. Talvolta, però, le femmine prendono il comando in maniera aggressiva, coalizzandosi contro il singolo maschio.

Una ricerca che racconta anche di noi
Lo studio ci fa riflettere su un altro aspetto interessante: è come se avessimo dato per scontato, universale e convenzionale, che sia sempre l’esemplare maschile a dominare. Invece, precisa il dott.Lukas, le dinamiche non sono definite, e «gli umani non fanno parte di un gruppo biologico dove il potere è appannaggio di un sesso solo». La disparità di genere, quindi, non è un prodotto dell’eredità evolutiva, ma un costrutto sociale.
Un ulteriore livello di complessità è aggiunto dal fatto che i ricercatori, ovviamente umani, tendano a proiettare nel mondo animale e nei relativi comportamenti le tendenze riscontrate quotidianamente. I bias, i pregiudizi della nostra società che prevedono dinamiche a controllo principalmente maschile sono tratti interiorizzati e radicati a tal punto che anche per uno studioso è difficile riconoscerli e ignorarli. Ma, una volta identificati, ci dicono molto della nostra visione del mondo: le nostre proiezioni, conferma la scienza, non sempre sono corrette.
11 luglio 2025 ( modifica il 11 luglio 2025 | 08:08)
© RIPRODUZIONE RISERVATA