Home / Cinema e TV / Sergio Castellitto: «Ho sperimentato su di me la macchina del fango. Gli 860 mila euro all’omicida sedicente regista? Se non fosse una tragedia sarebbe una commedia»

Sergio Castellitto: «Ho sperimentato su di me la macchina del fango. Gli 860 mila euro all’omicida sedicente regista? Se non fosse una tragedia sarebbe una commedia»

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DAL NOSTRO INVIATO
CAGLIARI «Che dopo un anno così complesso, faticoso e diabolico a dirigere il Centro Sperimentale di Cinematografia riescano a farmi lavorare di nuovo, mi sorprende. Non avevo mai sperimentato la macchina del fango su di me(sui presunti sperperi, ndr) , sono stato ingenuo a non capirlo, pensavo che le idee sono più forti della palude», dice Sergio Castellitto, premiato al Filming Italy Sardegna Festival.

Sta girando due serie per Netflix, due nuovi capitoli: Storia della mia famiglia di Claudio Cupellini e Gentlemen di Guy Ritchie «che è un regista geniale contro gli stereotipi dei personaggi, io sono un mafioso colto a Londra, un cattivo ma neanche così tanto, le parole d’ordine per i mafiosi sono famiglia e onore, anche loro hanno un’etica». 
Castellitto tocca tutti i temi di questi giorni.

Cominciamo dai premi ex aequo ai Nastri d’Argento a Matilda De Angelis e Elodie: troppi premi si sviliscono e si annullano l’un l’altro?
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Conosco Matilda, l’ho avuta protagonista di un mio film, è un’attrice formidabile e una ragazza schietta, in linea di principio non le si può dare torto. A un Festival gli ex aequo hanno senso per cui si creano situazioni in cui due film sono molto amati; ma ai premi istituzionali bisogna difendere l’unicità e l’individualità, altrimenti non ha senso dire miglior attore, che nell’arte è un concetto vago, non è come chi arriva primo sui cento metri, è sempre un parere, io avevo proposto di cambiare miglior attore col più amato, mi sembra più corretto».

Troppi premi e premiucci?
«Io suggerirei di scegliere una soluzione non ecumenicaA.

Gli 860 mila euro di denaro pubblico per un film mai girato dati al sedicente regista Francis Kaufmann, sotto falsa identità, arrestato per il duplice omicidio a Villa Pamphili?
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Se non fosse una tragedia sarebbe una commedia, nemmeno lo sceneggiatore più fantasioso poteva inventare una storia del genere, l’assassino che si spaccia per regista e ottiene tutti quei soldi. E’ veramente inquietante la sensazione che se succede una volta possa succedere dieci volte. Io ho passato un anno infernale al Centro Sperimentale di Cinematografia, che ha le sue leggi, la sua logica e la sua diabolicità. Se i documenti del finto regista erano a posto, scattava il meccanismo dei finanziamenti. Ottocentosessantamila euro si danno a un progetto importante, con un cast importante e con una distribuzione già in atto. Qui si danno soldi a film che non escono, e temo che accada solo in Italia. Il cinema, così, si autodistrugge. Ma non voglio entrare in polemica con nessuno. C’è una crisi di pubblico, per me il successo è portare a casa i soldi che mi hanno dato per un film».

È un sistema sbagliato.
«Sì, e non da 2 anni, da quando c’era Sangiuliano ministro, ma da 20, il problema è di aiutare le opere prime e seconde che in Italia è faticoso fare. Il pubblico settore come vocazione dovrebbe avere quella di promuovere anzitutto i giovani. Poi certo ci sono dieci registi importanti che ricevono i finanziamenti. Ma il problema, ripeto, è il debutto».

Il politicamente corretto ha danneggiato il cinema?
«Ha danneggiato la vita. Trent’anni fa in America uscì un libro che parlava di questo. Io appartengo a una generazione che naturalmente rispettava le persone, educato da tutte donne, al massimo potevo dire str…senza mai mettere le mani addosso. Il politicamente corretto nasce da un indurimento dei rapporti umani».

Col mondo del cinema la destra è a una resa dei conti con la sinistra?
«Io non sono amico di nessuno ma è un dato di fatto che la sinistra conosce meglio il mestiere della gestione culturale. L’arte di gestire attraverso la burocrazia è un ossimoro, l’insindacabilità del giudizio estetico è difficile. Tutto cade non se un film è bello ma se piace. Forse non siamo ancora cambiati noi rispetto al pubblico, che al cinema va a vedere un progetto che gli ricorda il mondo dei social, i gossip, il Grande fratello, i talk show fabbricati per litigare».

E lei che ci sta a fare in un cinema del genere?
«Io il bene rifugio in cui intendo raccogliermi è il pensiero di inventare una storia che sia depositaria di emozioni, sentimenti con una drammaturgia che possa interessare chi lo va a vedere».

E l’idea di un ministero del cinema lanciata da Pupi Avati? 
«Pupi è un gigante, ma allora perché non un ministero del teatro o delle arti visive?».

Il suo rapporto con i social?
«Non ho profili se non il mio».

Papa Leone ha visto il «suo» Conclave?
«Sì, due giorni prima di essere eletto. E so che anche molti cardinali hanno voluto vederlo per capire il meccanismo della votazione. Quando è morto Papa Francesco mi hanno assediato di telefonate, rispondevo che io faccio l’attore. Quelli insistevano e allora mi sono inventato che sapevo delle cose che non potevo riferire».

L’esplosione di suo figlio Pietro attore e regista?
«Ho sempre creduto in lui fin da quando era adolescente, ha un talento caotico che per fortuna gli è rimasto, quello ordinato è sospetto, ora però lo mette dentro le cose. Ammiro la sua libertà, che si può pagare con una naturale solitudine».

Non ha mai commentato la storia dei cassonetti della spazzatura davanti a casa sua.
«Parliamo di cose serie, ci sono delle guerre in corso».

21 giugno 2025

21 giugno 2025

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