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Se la politica del governo per il Meridione inciampa sulle lotte interne a FdI

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Un fulmine a ciel sereno, l’emendamento presentato dal relatore al decreto Terra dei Fuochi all’esame dell’assemblea di Palazzo Madama. Il testo, è noto, prevede la creazione di un Dipartimento per il Sud. 
Fatto sta che si tratta solo dell’ultimo atto di una politica meridionalistica condotta nel corso dei primi tre anni di legislatura dal governo Meloni con continui stop and go

La presidente del Consiglio era partita bene, con la nascita di un ministero che riuniva in se le deleghe del Sud e della Coesione, insieme con la gestione del Pnrr e degli affari europei. Affidando questo mega dicastero a Raffaele Fitto, un meridionale che conosce a fondo le strozzature di un intervento complesso come quello in un’area in ritardo di sviluppo. E l’aver creato un canale comunicante tra i fondi del Next Generation Eu e quelli comunitari della Coesione è stata la più intelligente operazione politica partorita dalla mente del politico pugliese. 
Da allora in poi il governo ha però cominciato a complicare le cose e a commettere una serie di errori. Il primo è stato lo snaturamento della Zes che in tutti i Paesi del mondo esiste se collegata a porti, retroporti e interporti. Invece si sono riunificate tutte le Zes territoriali in un’unica Zona Economica Speciale allargata a tutto il Sud, con la promessa, di chiaro sapore elettorale, di estenderla anche all’Umbria e alle Marche dove tra qualche giorno si vota. 

Uscito di scena Fitto, scelto dalla Meloni come commissario europeo, la premier ha preferito delegare al subentrante ministro Tommaso Foti tutte le funzioni che aveva il predecessore, ad eccezione del Mezzogiorno che ha tenuto per se. Fitto, però, da avveduto uomo di governo quale è, aveva scelto, poco prima di andar via, l’ex commissario Zes di Campania e Calabria, Giosy Romano, quale coordinatore dell’ufficio di missione della Zona Economica Speciale Unica, per non bloccare la macchina. E ha avuto ragione perché Romano, un non politico ma esperto sotto il profilo gestionale, ha ottenuto l’importante risultato di rilasciare oltre 800 autorizzazioni uniche, con un valore degli investimenti di circa 2,2 miliardi che comporteranno un aumento di oltre 7mila unità lavorative. Oltre a 2,55 miliardi di credito d’imposta riconosciuto, con investimenti per oltre 5 miliardi. Nel 2024 sono state presentate oltre 16mila domande per accedere al beneficio fiscale. Numeri, quindi, di tutto rispetto. 

Giorgia Meloni da politica navigata e capace quale è, dopo qualche mese si è resa conto che non avrebbe avuto il tempo di occuparsi anche del Sud, e ha individuato nell’ex segretario della Cisl Luigi Sbarra, un sindacalista a tutto tondo, proveniente del mondo del lavoro, di salda formazione cattolica e di indiscusso rigore morale, per di piu calabrese e quindi uomo del profondo Sud, la personalità più adatta. Non a caso ieri, intervenendo a un seminario alla Svimez, Sbarra ci ha tenuto a chiarire che l’obiettivo del Dipartimento è dar vita a una struttura che non si limiti alla gestione della Zes, ma assuma un ruolo di indirizzo strategico nelle politiche per il Sud. Manifesta la preoccupazione di Confindustria, col vicepresidente Natale Mazzuca che teme ritardi, se non addirittura blocchi, nel rilascio delle autorizzazioni uniche cosi come nella concessione dei crediti d’imposta. 

Ma il nuovo sottosegretario al Mezzogiorno è finito al centro, suo malgrado, di una resa dei conti all’interno del gruppo dirigente di Fratelli d’Italia. La nascita del dipartimento del Sud inevitabilmente mette Sbarra al centro della politica meridionalistica, creando una sorta di super ministero per il Mezzogiorno, non a caso a Palazzo Chigi, nel quale confluiscono risorse umane e finanziarie notevoli. Ma lo scontro con Romano, che non è stato neppure consultato alla vigilia di questa rivoluzione, pur se Sbarra ha avuto parole di ammirazione e stima per lui, e’ solo rinviato nel tempo. L’ex coordinatore della Zes unica non accetterà mai di essere messo sotto a un capo dipartimento perché perderebbe quell’autonomia decisionale che gli ha finora consentito di portare a casa i risultati ottenuti. E il rischio che vada via sbattendo la porta in queste ore si fa sempre piu’ concreto.


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26 settembre 2025

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