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Saturnino: «Jovanotti? Un antidepressivo. E l’AI non mi spaventa»

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Tra pochi giorni, nelle Sparkling Stories di venerdì 26, il Chiostro degli Agostiniani di Trento risuonerà delle parole e della musica di Saturnino Celani, polistrumentista, compositore, produttore discografico di Ascoli Piceno, nonché amante e collezionista di occhiali, il suo segno distintivo, di cui è diventato anche produttore in proprio (Saturnino Eyewear). Però, inutile negarlo, Saturnino è noto ai più soprattutto per essere il bassista di Jovanotti, vero e proprio propulsore della sua ritmica fin dal 1991. Da allora i due hanno inciso insieme 13 album in studio, 4 dal vivo e firmato successi come, tra i tanti, «Ragazzo fortunato», «L’ombelico del mondo», «Il più grande spettacolo dopo il big bang». 
Cosa farà ascoltare a Trento? 
«Io sono una specie di vecchina che lavora al telaio, mi piace tessere tele sonore. Così porterò un paio di generatori di loop e proporrò qualcosa da un progetto per basso solo a cui sto lavorando». 
Siamo alla vigilia di Trentodoc, qual è il suo rapporto con il vino? 
«Sarò onesto, a 17 anni sono andato in coma etilico e da allora non ho più toccato sostanze alcoliche. Però ho amici e parenti che producono vino di pregio in Friuli o in Toscana, tanto che le cene a casa mia sono sempre accompagnate da vini di alto livello». 
Dalla foresta trentina di Paneveggio arrivano gli abeti rossi tanto apprezzati dai liutai, e se non sbaglio lei si è avvicinato alla musica grazie a un violino. 
«Sì, un violino che avevamo in casa, il mio primo grande amore, quello che mi ha insegnato le basi della musica, fondamentali se vuoi fare bene questo mestiere». 
E il basso, quando è arrivato? 
«A 14 anni. Il bassista di un gruppetto di amici era partito per il militare. “Ti interessa? – mi dissero – Però devi imparare tutti i pezzi in una settimana”. Così fu, e il basso mi aiutò a prendere coscienza di quello che davvero mi piaceva». 
Rimanendo in ambito vegetale, è vero che ha «suonato» anche con delle piante? 
«Verissimo, con la Plants Play Orchestra, anche ad Arco, vicino a Trento. Si applicano dei sensori alle foglie e la pianta, in presenza di stimoli sonori, genera impulsi elettrici che possono essere trasformati in musica. È un’interazione magica, molto creativa». 
In primavera è tornato sul palco con Jovanotti, reduce da un grave incidente in bicicletta. Che Lorenzo ha trovato? 
«Sofferente, fin dalle prove. Nessuno di noi sapeva se ce l’avremmo fatta. Ma lui non ha mai mollato, e dopo quattro date la sua tenacia ha cominciato a trasformarsi in energia, consapevolezza e forza, perfino maggiore che in passato. Io sono di parte, perché per me è un fratello maggiore, ma è davvero una persona incredibile, positiva, un antidepressivo naturale». 
Una volta i tour servivano a promuovere un album, oggi si fa un disco per poter fare concerti, forse l’unico vero guadagno… 
«È vero che il meccanismo si è capovolto, però alla fine questo è un comparto che è cresciuto negli ultimi 15 anni, i service sono nati come funghi, l’offerta di live è sempre maggiore, e la cosa non mi dispiace per niente. Però non basta suonare a San Siro, serve qualità artistica. C’è chi pensa di coprire le sue lacune con fiamme, fuochi d’artificio e acrobazie ginniche. Ma il palco non è atletica, è musica ed emozione. E forse non è un caso che il 70% degli artisti in tour nel mondo abbiano una media di 40-50 anni di carriera alle spalle». 
Lei ha collaborato anche con due veri miti, Mina e Franco Battiato. 
«Mina, e non ci credo ancora, incise Abban-dono, un brano che avevo scritto con Daniele Magro, mentre per Battiato suonai nell’album L’imboscata. Che dire, parliamo di incontri con due specie di entità, di quelli che si raccontano ai nipoti davanti al caminetto. Ma non avendo io né figli né nipoti, sono cose che terrò per me». 
Al musicista non posso non chiedere un parere sull’avanzata dell’AI anche nel vostro mondo. 
«La tecnologia non mi ha mai spaventato, anzi l’ho sempre abbracciata. Perché questa è un’epoca spaventosa, è vero, ma affascinante, e magari un giorno scopriremo che non è così brutta come la si dipinge».

Saturnino suonerà e sarà intervistato da Alessandro Cannavò e Roberta Scorranese nel Chiostro degli Agostiniani per Trentodoc Festival venerdì 26 settembre alle 19.

17 settembre 2025 ( modifica il 19 settembre 2025 | 17:02)

17 settembre 2025 ( modifica il 19 settembre 2025 | 17:02)

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