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Salvini rilancia il «dossier» banche. «Soldi senza fatica, tassare i profitti»

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DAL NOSTRO INVIATO
MILANO MARITTIMA (Ra) «Una tassa sui profitti delle banche». È una vecchia battaglia, indigesta agli alleati di Forza Italia, ma Matteo Salvini la rilancia con decisione. Il segretario della Lega sciorina di fronte ai militanti accorsi in piazza per ascoltarlo i numeri degli utili degli istituti di credito, a partire da quelli che il governo ha ostacolato nei progetti di crescita (UniCredit) e affonda i colpi: «Fanno soldi senza far nessuna fatica. Devono pagare». E poco importa se già in passato su una proposta analoga dentro la maggioranza c’è stata tensione, con Forza Italia che si è messa di traverso. 

Il vicepremier non se ne dà per inteso e promette battaglia. Ma la tenuta del governo, tiene a precisare, non è in discussione. «Andiamo d’amore e d’accordo e andremo avanti insieme fino alla fine». Sugli avversari del centrosinistra Salvini è tranchant: «Pur di andare al potere cercheranno di fare un’ammucchiata. Non vanno d’accordo su niente. A Milano chiedono a Sala di cambiare rotta, ma governano da 15 anni. Per loro il potere è un fine, per noi è un mezzo».

Ma la serata di Milano Marittima vede al centro del discorso di Salvini, spalleggiato sul palco da Daniele Capezzone, i casi giudiziari che vedono sotto i riflettori esponenti di centrosinistra. «I giudici ogni tanti indagano qualcuno di sinistra per far vedere che sono imparziali, ma è una finta» sottolinea con malizia il segretario della Lega. Del sindaco di Milano dice che chiede le dimissioni di Beppe Sala «non perché è indagato ma perché è incapace di governare la città». 

Sull’ex primo cittadino di Pesaro Matteo Ricci il ragionamento è diverso, ma utile a marcare una differenza rispetto agli avversari: «Nessuno del centrodestra ha chiesto le sue dimissioni perché tutti sono innocenti fino al terzo grado. La sinistra con Toti si è comportata all’opposto, ha sfilato in piazza per chiederne la testa e adesso fa la garantista».

Capezzone ricorda a Salvini che nel 2019 proprio da Milano Marittima, e dallo show al Papeete, sono iniziati i guai. «Sei anni dopo — conferma il leader della Lega — sono ancora vicepremier ma mi ritrovo con un processo in più sulle spalle. Anzi, credevo che il Tribunale di Palermo avesse stabilito che respingere gli sbarchi fosse un diritto, ma ora i giudici si sono appellati alla Cassazione. Io non mi arrendo. Anzi, ho ancora più voglia di lavorare. Se mi vogliono fermare devono mandarmi in galera». 

Il discorso cade sulla riforma della giustizia. Salvini difende la scelta di separare le carriere ma rilancia anche un vecchio cavallo di battaglia. «Il giudice che sbaglia deve pagarla. E lo deve fare personalmente, non a spese della collettività». L’ultimo attacco è pesante: «Non può esistere una categoria di impuniti».

Il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari aggiunge un po’ di sale lanciando un ultimatum alla maggioranza. «Il 21 settembre ci sarà il raduno di Pontida. Per quella data dovranno essere firmate le intese con le quattro Regioni che hanno chiesto la delega su alcune materie». E su questo trova l’appoggio del leader di Noi moderati Maurizio Lupi.

In casa Lega fa molto discutere anche il decreto su Roma Capitale. Dalla Lombardia e dal Veneto sale la protesta per una decisione ritenuta centralista mentre l’Autonomia differenziata, come ha ricordato Molinari, è ancora ferma al palo. Il capogruppo al Senato e segretario della Lega lombarda Massimiliano Romeo annuncia «un disegno di legge costituzionale per riconoscere poteri speciali anche a Milano». E il presidente uscente del Veneto Luca Zaia si appella a governo e Parlamento perché nel provvedimento appena varato «sia incluso il pieno riconoscimento anche di un’altra città che necessita di un’attenzione speciale: Venezia».

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31 luglio 2025 ( modifica il 31 luglio 2025 | 23:55)

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