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Riccardo Milani: «Il film sul pastore sardo che ha voluto restare a casa sua rifiutando 12 milioni per un resort di lusso è una storia vera»

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Un grande gruppo immobiliare milanese vuole far sloggiare dalla sua casa e dal suo terreno un pastore sardo per costruire un resort a cinque stelle. E lui non se ne va, rifiuta un’offerta che in dieci anni, tanto dura questa vicenda, arriva a 12 milioni di euro. «Nella realtà l’offerta era di poco minore», dice Riccardo Milani, regista di La vita va così (esce nelle sale il 23 ) che ha aperto la Festa del cinema.

L’imprenditore è Diego Abatantuono, il capocantiere Aldo Baglio, il pastore (vero) lo interpreta Giuseppe Ignazio Loi, ha la quarta elementare, 84 anni e il film «non volevo farlo, avevo paura, il cuore agitato, pensavo che non fosse un lavoro per me. Lo vivo come un sogno, non mi sembra vero che ce l’abbia fatta». Sua figlia è Virginia Raffaele e il pastore «sul set a volte improvvisava, dovevo interpretare quello che diceva, in dialetto sardo, un lavoro di orecchio più che di imitazione».

Milani, il suo pastore è un eroe o un uomo coraggioso? «Coraggioso e quindi eroe, avere coraggio è una qualità rara; averlo renderebbe la società migliore. Il vero pastore, Ovidio Marras,  ha avuto il coraggio di dire no, è morto lo scorso anno e la disputa va ancora avanti, la società è fallita, ha debiti per 90 milioni,  gli abitanti del luogo, a Teulada nel Sud della Sardegna, all’inizio ci hanno fatto reso la vita difficile, non volevano darci le location, abbiamo girato nell’ovile di Marras». Si aggrappò all’appiglio (la giudice è la sarda Geppi Cucciari) che il cantiere aveva bloccato l’accesso allo stradello pubblico con cui accedeva a casa. Ha subìto pressioni enormi dal suo paesino, il resort avrebbe creato posti di lavoro: «La comunità si è spaccata in modo feroce, caricandolo di colpe non sue, la gente che va via, la disperazione del lavoro che non c’è».

Aldo l’ha scelto «per le sue mani da operaio, Virginia con cui ho già lavorato mi ha raccontato dello sfratto dello stand familiare di giostrai al Luna Park, da Diego ho tirato fuori amarezza e solitudine, in tutto il film non ha una battuta. Perché questa resta una commedia, che è il mio mondo e consente di arrivare a tutti, non solo a un pubblico consenziente di cui avevo già l’adesione. Mi sono ricordato di Alberto Sordi, che ha fatto commedie di denuncia, coraggiose, contro la corruzione penso a Il vigile. Ed è stato maltrattato, Sordi non era il male, come diceva Nanni Moretti di cui ho enorme stima>.

C’è spazio per un cinema che abbia una dimensione etica? «Io parlo anche a persone che la pensano in modo opposto a me, per costruire una possibilità di confronto».

Abatantuono è cresciuto nella Milano del boom economico e «dell’espansione; ora è al centro di una inchiesta urbanistica. «Ho vissuto al Giambellino che è rimasto identico, nel palazzo abitava Gianni Rivera. Però mi sento come il pastore, quando a Milano buttano giù una cosa e ne costruiscono un’altra, mi manca un punto di riferimento. In questo film ho cercato le mie origini, mio papà faceva il calzolaio. Il cinema è fatto di speranza e ipotesi, questa è una storia di resistenza, la voglia di non essere comprati, come accadde a Gigi Riva. Il film è dedicato a lui».

Breve digressione. Virginia fece un’imitazione irresistibile di Beatrice Venezi, la direttrice d’orchestra la cui contestata nomina alla Fenice è un caso politico. Che idea s’è fatta? «Che gli orchestrali sono artisti e hanno diritto di dire la loro opinione. Io avevo visto dei suoi video e ho agitato le braccia, tutto è nato così».

15 ottobre 2025 ( modifica il 15 ottobre 2025 | 17:22)

15 ottobre 2025 ( modifica il 15 ottobre 2025 | 17:22)

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