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Referendum 8 e 9 giugno, linea Schlein e no di Gori. Il Jobs riporta a galla le diverse anime del Pd

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Cinque quesiti. Quattro, promossi dalla Cgil, sul lavoro: Jobs Act, cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese, riduzione del lavoro precario, estensione della responsabilità del committente in caso di infortuni sul lavoro. Il quinto sulla cittadinanza: per dimezzare da 10 a 5 anni i tempi di residenza legale in Italia necessari ai maggiorenni per chiederne il rilascio. 

Domenica 8 e lunedì 9 giugno gli elettori saranno chiamati alle urne per i referendum. E fra tutti i quesiti, ce n’è uno in particolare che può rappresentare una spina nel fianco per il Partito Democratico: quello sul Jobs Act, dopo che Elly Schlein ha schierato il partito a favore: «Il Pd sosterrà i cinque referendum», ha detto la segretaria nei giorni scorsi, al termine di un incontro con il segretario della Cgil Maurizio Landini. Con il grande ostacolo da superare del quorum.

La linea Schlein, sul territorio, viene ribadita dal segretario provinciale Gabriele Giudici: «I quesiti sul lavoro servono per dare un segnale politico al governo — rileva Giudici —. L’inflazione erode i salari, la precarietà non consente ai giovani di costruirsi un futuro e al giorno d’oggi non è accettabile il lavoro “povero”. Per non parlare degli infortuni e delle vittime sul lavoro». E dal segretario cittadino, Alessandro De Bernardis: «La posizione del partito è chiara — dice —. Verso fine aprile organizzeremo un primo appuntamento per parlare del quesito sulla cittadinanza, a maggio l’assemblea cittadina affronterà i temi di tutti e cinque i quesiti».

Quanto al dimezzamento dei termini per fare richiesta di cittadinanza: sarebbe garanzia di «maggiore serietà per il Paese, verso coloro che hanno deciso di sceglierlo per lavorarci e abitarci», aggiunge Giudici.
Tra i parlamentari democratici che nel 2015 approvarono le norme sui contratti di lavoro, finite sotto il titolo di Jobs Act, c’era anche l’attuale sindaca di Bergamo, Elena Carnevali. Da qui a giugno c’è ancora un margine di tempo per valutare, nel merito e sul piano politico, cosa fare. Ed è proprio quello che la sindaca sta facendo, cioè prendere tutto il tempo necessario «per approfondire le implicazioni dei quesiti referendari». 

È chiaro che in questa fase per chi fu in Parlamento nella stagione del governo Renzi, c’è, da un lato, un inevitabile tema di coerenza, dall’altro la necessità di inserirsi in equilibri di partito, con una segreteria che sul tema referendario ha preso posizione (senza però dare finora alla tematica un’esposizione insistente).

Nonostante si predichi unità, nel partito ci sono posizioni divergenti esplicitate da diversi esponenti. L’europarlamentare Giorgio Gori aveva già detto di non condividere la scelta di Schlein in merito al Jobs Act, pur capendone le ragioni: «Mi aspetto che non la condivida la gran parte della “nomenclatura” del Pd, che quel provvedimento all’epoca l’aveva votato. Per una questione di coerenza, ma anche di merito», diceva un paio di mesi fa.


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19 aprile 2025

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