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Putin resuscita l’Eurovision sovietico a Mosca: «Ci saranno gli Stati Uniti»

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Mancano solo 81 giorni. In piazza del Maneggio, proprio davanti al Cremlino, un pannello luminoso scandisce alla rovescia il tempo che ci separa dal ritorno di un reperto storico della Guerra fredda.
Nel 2022, dopo l’invasione dell’Ucraina, la Russia è stata bandita da Eurovision, la popolare kermesse musicale che fino a quel momento era stata la trasmissione televisiva più seguita dagli abitanti della Federazione. Anche prima dell’attuale conflitto, non è che tutto fosse sempre andato liscio.

A partire dal 2014, dopo l’annessione della Crimea, Eurovision aveva scelto di applicare i filtri sonori per non far sentire i fischi durante l’esibizione russa, e i fischi russi durante le performance di artisti gay. Già quell’anno, dopo l’esibizione della drag queen Conchita Wurst che aveva scandalizzato il Cremlino con tanto di minaccia ufficiale di uscire dal concorso, Vladimir Putin aveva auspicato la rinascita di Intervision, la risposta sovietica a Eurovision nata negli anni della Guerra fredda, dalla vita breve e infelice. «Vorrei che fosse una alternativa più adatta alle famiglie e ai valori tradizionali» aveva detto il presidente.

Dopo l’onta dell’esclusione, era anche diventata una questione di principio. Siccome ogni suo desiderio è un ordine, ci sono voluti tre anni, ma il prossimo 20 settembre, alla Live Arena di Mosca, andrà in scena la resurrezione di Intervision, in russo Intervidenie. Con un partecipante d’eccezione. Accanto ai rappresentanti dei soliti noti, Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, Iran, Cina, Venezuela, Egitto, Qatar, Cuba, e Serbia, unico Paese della lista che prende parte anche a Eurovision, ci saranno anche quelli degli Stati Uniti d’America. La Tass, l’agenzia statale russa, ha avuto la conferma che non si tratta di una trovata pubblicitaria dell’organizzatore, che poi è il ministero degli Esteri russo. Gli Usa ci saranno davvero.

D’accordo, nessuno ha mai detto che a canzoni si fan rivoluzioni o si possa far poesia, Guccini per primo ce lo ha insegnato Ma la geopolitica, quella sì. I media patriottici infatti scrivono di un evento reso ancora più epocale dalla presenza della delegazione statunitense, ulteriore passo nel rapido processo di riavvicinamento delle due potenze. «A differenza di Eurovision, la cui reputazione è affondata, Intervision punta a consolidare le relazioni internazionali riservando una particolare attenzione al rispetto della sovranità culturale dei Paesi partecipanti». Presi purtroppo da questioni più importanti, i media mondiali non hanno dato grande risalto alla protesta del ministero degli Esteri ucraino, che ha affermato di considerare Intervision «uno strumento di propaganda russa», incaricando le proprie missioni diplomatiche estere di adottare misure di «risposta politica» contro i Paesi che intendono prendervi parte. Ma questo era prima che si sapesse dell’adesione degli Usa. Adesso, le cose cambiano.

E comunque, non sono mai state solo canzonette. Intervision ebbe due vite. La prima durò dal 1965 al 1968, con la partecipazione, oltre che dei Paesi socialisti dell’Est europeo, anche della Finlandia. Ai primi tre classificati venivano consegnati rispettivamente una chiave d’oro, d’argento e di bronzo. Una volta all’anno i sovietici, dopo una breve introduzione musicale composta dal grande Dmitry Shostakovich, assaporavano melodie e stili diversi. Ma poi l’ingresso dei carri armati sovietici fece finire la Primavera di Praga, e con essa anche il concorso made in Urss.

L’esperienza venne ripetuta tra il 1977 e il 1980, durante la stagnazione brezneviana. Con sede fissa a Sopot, in Polonia, in un timido tentativo di sollevare per via musicale la cortina di ferro, Intervision si aprì addirittura a ospiti capitalisti, come Gloria Gaynor e i Boney M. Il resto invece era una specie di sagra paesana, ben presto interrotta per i cattivi ascolti e anche perché l’introduzione della legge marziale in Polonia nel 1981 per reprimere Solidarnosc mal si addiceva al clima di festa.
Ora Intervision ha il difficile compito di non far rimpiangere il modello originale cui si ispira. A partire dalla metà degli anni Novanta, quando la Russia venne ammessa alla competizione, Eurovision era diventato un appuntamento tanto amato dalla gente quanto mal tollerato dalle autorità, che ogni anno ne lamentavano la deriva «sempre più favorevole a persone non eterosessuali». Ma sull’orientamento anche politico della versione moscovita non ci saranno dubbi. A rappresentare il Paese ospitante è stato scelto Yaroslav Dronov, nome d’arte Shaman, diventato popolarissimo con la sua canzone «Sono russo». Proprio ieri è stato reso noto il nome del primo membro della giuria. Sarà Igor Matvienko, da poco insignito del titolo «artista del popolo», fondatore dei Liubè, il gruppo preferito di Vladimir Putin, che si esibisce in ogni raduno dove appare il presidente. Chissà invece chi gareggerà per la virile America di Donald Trump.

1 luglio 2025

1 luglio 2025

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