Sono le sentinelle di oltre 304 mila ettari vitati e rappresentano più di 2,3 miliardi di bottiglie: è questo il peso e l’impegno dei 33 maggiori Consorzi di Tutela del mercato italiano. Realtà che hanno il polso delle più importanti aree viticole del Paese e la tutela dei relativi vini o denominazioni, per dirla con gli addetti ai lavori. I consorzi non si occupano delle vendite dei singoli vini, ma senza dubbio rappresentano tutti insieme un valore economico molto vicino a 9 miliardi di euro: quasi la totalità dei 9,3 miliardi certificati nel 2024 da Valoritalia per le denominazione di vino Dop e Igp. In pratica i vini tutelati dai 33 Consorzi, pesano per oltre il 64% sul giro d’affari 2024 dell’intero mercato vinicolo italiano, pari a 14,5 miliardi (Osservatorio Uiv). La graduatoria dei 33 consorzi, per numero di bottiglie, vede al primo posto il Prosecco Doc. Sul podio anche i Vini Doc delle Venezie di cui è re indiscusso il Pinot grigio, bianco famoso nel mondo, e in particolare in Usa: 27 mila ettari in produzione per 230 milioni di bottiglie.
Numeri elevati con vista sull’Adriatico
Prosecco e Pinot grigio guidano la compagine del Consorzi veneti in classifica che comprende altre denominazioni note al pubblico: dai vini della Valpolicella, al Soave, al Collio. Il terzo gradino del podio tocca al Consorzio vini d’Abruzzo: 33 mila ettari vitati, oltre la metà destinati al Montelpulciano d’Abruzzo, vino di punta della regione affiancato dai due fratelli Cerasuolo e Pecorino. Sotto il podio altri due Consorzi con oltre 100 milioni di bottiglie. Sono entrambi in Emilia-Romagna: il più grande è il Lambrusco Doc, rosso familiare, molto diffuso all’estero, porta sul mercato 143 milioni di bottiglie (dati che comprendono anche il Lambrusco Emilia igt). Sono invece 101,8 milioni le bottiglie del Consorzio Vini di Romagna. La regione fa tris con il Consorzio dedicato alla produzione di Pignoletto, frizzante tipico dei colli bolognesi. Solo 5 Consorzi su 33 contano più di 100 milioni di bottiglie. Numeri comunque legati al trend del mercato. Mai difficile come oggi.
L’andamento del mercato
Contrazione dei consumi, problematica dazi, guerre e nuove scelte dei consumatori, condizionano infatti l’andamento dei vini, con ricadute più pesanti per i rossi (-6,8% è il calcolo di Valoritalia). Se la cavano meglio i bianchi e gli spumanti (+5%), ma il comune denominatore per tutti è salvaguardare il valore del prodotto, anche abbassando le rese di uva per ettaro (pratica eseguita in tante zone, dal Chianti, al Chianti classico, dal Brunello di Montalcino all’Asti spumante per citarne alcuni), e investire verso vini più versatili e contemporanei. Sono 8 i consorzi toscani in graduatoria. Il più grande, 89 milioni di bottiglie, è anche il più giovane: è il Toscana Igt, l’unico ente che non rappresenta un territorio ma la produzione di vino Igt (indicazione geografica tipica) dell’intera regione. Segue il Chianti, rosso popolare che porta sul mercato 75 milioni di bottiglie. Seguono sei consorzi più piccoli, ma di grande prestigio internazionale, a cominciare dal Chianti classico: 40 milioni di bottiglie e una forte affermazione in Usa: nei primi 8 mesi di quest’anno l’incremento delle vendite è stato dell’11% in un contesto contraddistinto dal segno meno.
Dai rossi di Toscana e Piemonte, fino alle bollicine trentine
Ancora: Brunello di Montalcino (uno dei rossi di maggior presa nel mondo), Bolgheri (sempre sugli scudi), Nobile di Montelpulciano (fresco del lancio della nuova tipologia Pieve), Morellino di Scansano (rosso maremmano dal cuore green), Maremma Toscana (vanta il segno più grazie al suo bianco Vermentino). Si sale in Piemonte con il Consorzio Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani: 67 milioni di bottiglie apprezzate sul mercato e capaci di mantenere una sostanziale stabilità. Segue l’Asti docg con 65 milioni: lo spumante piemontese vive una fase critica: subisce il crollo degli ordini dalla Russia, suo primo mercato, mentre i dazi statunitensi colpiscono il Moscato d’Asti diretto per il 60% proprio verso l’Usa. Ancora in Piemonte il Barbera d’Asti e vini del Monferrato (oltre 59 milioni di bottiglie) e il più piccolo Gavi, bianco che va quasi interamente dall’estero (92%), mentre si sta facendo strada l’Alta Langa, denominazione giovane, ancora sotto i 5 milioni di bottiglie, nata per tutelare bollicine metodo classico in forte progresso. Successo già consolidato per gli spumanti Trento doc: più di 12 milioni di pezzi, bandiera del Trentino Alto Adige.
Lombardia, Marche, Sicilia: un tour tricolore
L’oltrepò Pavese è il Consorzio più grande della Lombardia con oltre 64 milioni di bottiglie: tutela l’unica zona spumantistica al mondo incentrata sul vitigno Pinot nero, ha il suo cuore nel metodo classico docg e punta sul rilancio del territorio. Completano la regione i consorzi Lugana (il vino lombardo più venduto all’estero), Garda doc (vini più noti Bardolino e Chiaretto) e le pregiate bollicine Franciacorta. Sempre in auge, i vini, in maggioranza bianchi, tutelati dal Consorzio Alto Adige. Standing che vuole restare alto, anzi altissimo, a leggere i dettami del nuovo severo disciplinare di produzione. Nelle Marche tengono le posizioni, nonostante le difficoltà del comparto rossi, i vini protetti dall’Istituto marchigiano: circa 26 milioni di bottiglie tra cui spicca il bianco Verdicchio. Si va in Puglia con il Primitivo di Manduria, rosso molto richiesto all’estero: 26 milioni di bottiglie, più 10% sul 2023. Chiude la Doc Sicilia con i suoi due pilastri: il Nero d’Avola e il bianco Grillo, simboli della viticoltura siciliana nel mondo. Con una produzione di 82 milioni di bottiglie è una delle denominazioni più estese d’Italia.


4 novembre 2025
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