
DALLA NOSTRA INVIATA
TEMPIO PAUSANIA (SASSARI) – Il conto che la giustizia chiede è salato: nove anni di reclusione più l’interdizione dai pubblici uffici e dalla pubblica professione per la durata della pena. Il procuratore Gregorio Capasso ha chiesto questo, ieri, con la sua requisitoria, per i quattro imputati del cosiddetto caso Grillo. Accusa: violenza sessuale di gruppo. A puntare il dito contro i quattro ragazzi — Ciro Grillo, Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia — è una ragazza che abbiamo sempre chiamato Silvia e che, la mattina dei fatti (il 17 luglio del 2019), era assieme alla sua amica, Roberta. Silvia ha raccontato di essere stata violentata prima dal solo Corsiglia e in seguito da tutti e quattro assieme, mentre Roberta dormiva sul divano. Ma uno dei capi di imputazione riguarda lo stesso anche Roberta, perché il gruppetto di amici ha scattato e girato immagini a sfondo sessuale accanto a lei addormentata.
In un silenzio che raccontava tensione, ieri mattina il procuratore Capasso, che in questo processo è pubblico ministero, prima di annunciare la richiesta della pena ha chiuso la requisitoria così: «Ci sono sei ragazzi coinvolti: due ragazze che hanno subito quello che hanno subito e quattro ragazzi che comunque vivono una situazione drammatica. Non è stato molto facile, questo processo. Di solito nelle requisitorie dei grandi processi si alza la voce, si mette enfasi. Qui non è il caso di farsi travolgere dalle emozioni. Siamo davanti a ragazzi… L’abbiamo visto piangere ieri, uno di loro. E prima di lui, in quest’aula, la ragazza. Tutti quanti sono stati coinvolti in una vicenda più grande di loro. È chiaro che questa cosa ci dispiace».
Il riferimento al pianto del ragazzo è per Ciro Grillo, che lunedì si era presentato in aula per la prima volta e aveva voluto rilasciare una dichiarazione davanti ai giudici. Per dirsi innocente (la versione degli imputati è che la ragazza fosse consenziente) e per annunciare — nel pianto, appunto — che «a dicembre sarò papà e vorrei esserci per mia figlia». Si è iscritto e laureato in Giurisprudenza, ha spiegato, e lo ha fatto dopo il suo interrogatorio. Adesso è avvocato praticante.
«È inutile dirlo: come posso non immedesimarmi in un praticante prossimo padre?» è stata la riflessione di Vinicio Nardo, avvocato che assieme a Fiammetta Di Stefano difende Roberta. «Come non identificarmi in un imputato che dice con una certa umiltà: eravamo tutti consapevoli? Ma in questo processo tutto è controvertibile tranne una cosa: che non tutti “eravamo consapevoli”, perché c’era una persona che dormiva». Alla fine, il risarcimento chiesto dai legali di Roberta agli imputati è stato di 50 mila euro (più le spese processuali), 20 mila dei quali come provvisionale.
Ma a prendersi la scena, ieri, è stata Giulia Bongiorno, l’avvocata di Silvia. Ha ripercorso con molta enfasi il racconto della ragazza, la prima violenza messa a verbale (di Francesco Corsiglia) e poi la violenza collettiva. Ha passato al setaccio le chat, «che sono fondamentali in questo processo» e che «contengono prove schiaccianti», ha dato molto spazio al tradimento, chiamiamolo così, di Roberta verso Silvia, «una delle pagine nere di questo processo». Roberta che «non l’ha aiutata» quando Silvia «ha provato a svegliarla dopo la prima violenza»; Roberta che «era la sua migliore amica e che non potrà esserlo mai più»; Roberta «alla quale do la sola attenuante dell’alcol».
E poi lunghe considerazioni sulla violenza verso le donne. «La mia assistita» , ha detto, «nelle chat viene ripetutamente definita tr…non perché lo era all’inizio ma perché lo diventa dopo tanto così di vodka. Atti che fanno rabbrividire». E ancora: «Nel 2025, ci sono uomini che ritengono la donna un essere inferiore e irrilevante la sua libertà e la volontà di autodeterminarsi. In questo processo emerge questa visione della donna, il cui consenso vale zero». Infine, una sorta di rimprovero perché «la mia assistita è stata sentita con un esame durato 35 ore e 1675 domande. Non so se esiste un’altra teste che ha subito tutto questo nella nostra storia giudiziaria». Richiesta di risarcimento per Silvia: 100 mila euro come cifra provvisionale e un totale che stabilirà il tribunale.
Ieri, è stato anche il giorno in cui gli avvocati degli imputati hanno dovuto dire loro e alle loro famiglie quella cifra: nove anni di reclusione. Nessuno sperava che il pm chiedesse l’assoluzione, ma sentir pronunciare quel numero è diverso dall’immaginare una richiesta di condanna. Dall’altro capo del filo hanno sentito persone scioccate, sconvolte, genitori preoccupati. Per il futuro dei ragazzi ma anche per gli aspetti economici che il processo porterà con sé in caso di condanna.
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2 luglio 2025 ( modifica il 2 luglio 2025 | 07:24)
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