
DAL NOSTRO INVIATO
BUDAPEST – Quando il fiume del Pride attraversa il Danubio, sul ponte di Elisabetta di Baviera, dalle immagini aeree non si riesce a vedere la fine del corteo.
Magari non saranno i «200 mila» di cui parlano gli organizzatori, ma la sconfitta politica dei divieti imposti dal governo di Viktor Orbán sta tutta in questa foto.
Una partecipazione tale, qui, non si vedeva dai tempi della caduta del Muro di Berlino.
Il popolo Lgbtq+ è arrivato nella capitale ungherese da tutta Europa, per contestare le misure repressive del governo sovranista, che prevedono multe da 500 euro e fino a un anno di carcere per chi promuove cortei «arcobaleno».
Lungo il percorso, la polizia, su disposizione del premier, ha pure installato decine di telecamere per il riconoscimento facciale dei trasgressori. Per il bilancio di multe e sanzioni bisognerà attendere i prossimi giorni, ma per adesso c’è da registrare che gli incidenti, previsti in una vigilia ad alta tensione, non ci sono stati, nonostante fossero stati autorizzati due «controcortei» dell’ultradestra.
«Love is freedom», è il segnale. Il Pride parte con un’ora di ritardo, proprio per questioni di sicurezza. In testa c’è il sindaco Gergely Karácsony, progressista, acerrimo nemico del premier. Al suo fianco arriva Elly Schlein, assieme a una folta delegazione di eurodeputati pd, con in testa Annalisa Corrado, Cecilia Strada e Alessandro Zan: «Il Pride è una battaglia di libertà contro l’autoritarismo. Siamo al fianco di chi lotta per l’uguaglianza, contro ogni discriminazione. Non si può vietare l’amore per legge», attacca la segretaria dem. Che poi rifila bordate contro il governo: «È un silenzio inquietante, specie perché queste misure illiberali sono applicate in un Paese membro della Ue. E poi ricordo che in Italia sono bloccate tutte le leggi contro l’omofobia, per volontà di Giorgia Meloni». Da FdI e Lega non arrivano repliche. Mentre Forza Italia marca la distanza dagli alleati: «Noi siamo quantomai distanti da Orbán — spiega Alessandro Cattaneo —, perché nessuno deve essere discriminato».
A Schlein, sotto un sole cocente, arriva poi l’abbraccio di Carlo Calenda di Azione, che completa il «campo progressista», in versione extralarge, assieme alle delegazioni di M5S, Avs, Italia viva con Ivan Scalfarotto e +Europa. «Questa mobilitazione è un argine all’erosione dei diritti — afferma Alessandra Maiorino, senatrice e responsabile Diritti del Movimento —. Quello che succede in Europa e ai suoi confini è intollerabile».
La presenza degli italiani, assieme agli spagnoli, è la più folta al Pride ungherese. Dall’Italia, gli organizzatori stimano che siano arrivate circa 13-15 mila persone. Le bandiere delle numerose associazioni Lgbtq+ si notano più di altre.
Schlein va loro incontro e si unisce, cantando Bella ciao a squarciagola. Ma qual è il motivo di una partecipazione così ampia? «Perché tutta la rete delle associazioni italiane a difesa dei diritti civili si è mossa all’unisono con tre mesi di anticipo — spiega Cathy La Torre, avvocata e storica attivista Lgbtq+ —. Il governo Meloni ha approvato la legge che vieta la gestazione per altri, oggi “reato universale”. Inoltre: mentre 23 Stati Ue hanno firmato la condanna delle leggi illiberali di Orbán, l’Italia non l’ha fatto. Sono due fattori chiave, che hanno contribuito ad amplificare questa mobilitazione».
La forte presenza di connazionali è stato un importante carico di responsabilità anche per l’ambasciata italiana: «Il positivo svolgimento del Pride, anche attraverso la protezione del corteo da parte della polizia, è indubbiamente una buona notizia per tutti — spiega al Corriere l’ambasciatore Manuel Jacoangeli —. Dai nostri uffici abbiamo monitorato costantemente l’evento in stretto coordinamento con la delegazione italiana».
Ma il fiume arco
baleno di ieri suona sopratutto come una sfida al premier ungherese, che a primavera dovrà affrontare le elezioni dopo 15 anni di governo. Il suo partito, Fidesz, è per ora dato ai minimi storici nei sondaggi, gli indicatori economici del Paese sono in caduta, la disoccupazione è in aumento. Le opposizioni denunciano una «paralisi della sanità» e sperano che, dopo tanti anni di sconfitte, si riapra la partita.
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29 giugno 2025
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