
roma Pilar Fogliati interpreta spesso ruoli di donna inadeguata e fuori posto, però in Breve storia d’amore, esordio alla regia di Ludovica Rampoldi in anteprima alla Festa del cinema (e nelle sale dal 23 novembre), è lei a muovere la giostra di tradimenti incrociati. Ci sono due coppie di trentenni e cinquantenni, da una parte Pilar e Andrea Carpenzano (ha un guizzo nel dire che «il mio personaggio quello che pensa si capisce solo alla fine, d’altra parte nel film faccio l’attore, non posso essere un genio»); dall’altra Adriano Giannini e Valeria Golino, che prima di sposarlo era la sua psicoanalista.
Pilar, sarà pure inadeguata nei suoi personaggi, ma qui è intraprendente…
«Mi era già successo in FolleMente. Ma l’inadeguatezza è anche il risultato di come ci siamo sentiti da adolescenti, il voler somigliare agli altri».
Valeria Golino ci ha detto di aver spiato il cellulare di un suo compagno: anche lei lo ha fatto?
«No. E non so come ho fatto a non cedere, forse per salvaguardare me stessa, l’immaginazione è cattiva».
Nel film lei, dark lady non aggressiva, sa che Valeria è l’amante del suo fidanzato, Andrea. E si mette a sedurre il marito, Adriano.
«Quando scopro tutto, potrei cedere al casino. Invece ossessivamente cerco di capire cosa vuol dire tradire, cosa si prova. Seduco quell’uomo, io che non sono seducente, e nasce una breve storia, fino alla resa dei conti».
In questa storia la sua rivale è anche la sua mentore.
«E’ l’antagonista. Per un attimo diventiamo quasi amiche. Ma lei, più grande di me, è più spregiudicata e libera, non ha sensi di colpa, non ha la sacralità dell’amore assoluto».
Ludovica Rampoldi scrisse questa storia a 20 anni.
«Dice che gli uomini sono più turbati dal mio personaggio, perché vi proiettano i loro desideri. Quando si sa poco della vita si hanno idee radicali e nette, rimettendoci le mani dopo tanto tempo la prospettiva cambia».
«E dunque le risposte sono meno perentorie, ha tolto una certa insincerità e moralismo, e questo lo dice lei che l’ha scritta. Nella vita si tradisce e lo si fa anche da innamorati».
Le bugie a volte servono.
«Le bugie sono un conforto per sopravvivere, aiutano a capire chi siamo, tutti siamo costretti a mentire. Io sono specialista delle bugie bianche, da adolescente per fare quella cool fingevo di simpatizzare per la squadra di calcio dei miei fidanzati, passavo da una bandiera all’altra».
Lei ha 32 anni.
«Appartengo alla generazione che si sposa tardi e fa figli tardi, con i miei amici parliamo di mutui. Abbiamo l’ossessione del capirsi, è difficile sacrificare qualcosa al proprio bisogno personale. Rispecchiamo l’incertezza del mondo in cui si muove il mondo, è difficile immaginare il futuro».
Ma lei in che fase si sente?
«Sono ancora in una fase sperimentale e di ricerca. Sono fortunata, far ridere è la cosa che mi piace di più. Ma ho capito che vita e cinema si somigliano, passiamo dalla tragedia all’essere goffi, e i generi dei film non sono così lontani. Infatti qui abbiamo thriller, commedia e ironia».
Alla Festa può vedere il suo mito, la presidente della giuria.
«Paola Cortellesi! L’ho incontrata in più occasioni e ogni volta mi imbarazzo da morire, mi blocco, non mi viene mai da dire una cosa intelligente, mi prende l’ansia da performance».
C’è qualcosa che ha scoperto di lei con questo film?
«Sì, che sono romantica, in controtendenza con la mia capoccia che non smette mai di riflettere sulle cose. Un po’ di zucchero serve nella vita».
Il suo nome, Pilar?
«È un omaggio a mia nonna paterna, nata in Argentina. In realtà all’anagrafe sono registrata Maria Del Pilar ma poi si sono dimenticati un pezzo: mi chiamo Del Pilar. Quando dico che mi chiamo Pilar mi ribattono, ma perché ti presenti col cognome, come ti chiami di nome?».
Sfoggia una bella coda di cavallo.
Sorride: «Le vede, sfoggio con fierezza le mie orecchie a sventola, che attutiscono i rumori. In adolescenza è stato un bel problema».
16 ottobre 2025
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