
CAGLIARI Caro Pif, è ancora il re dei rimpianti, come ci disse tempo fa? «Oddio, non lo so più, non ero neanche padre, ho una bambina di 5 anni e sono separato», dice prima di essere premiato al Sardinia Film Festival, mentre racconta la sua recente esperienza di «ragazzo padre» a Gardaland:«Mi sento un sopravvissuto, è stato massacrante, mia figlia dopo un’intera giornata al parco giochi sulle navi dei pirati era lì sorridente come se fosse appena arrivata».
Pif, segni particolari: «Timidezza. La gente quando lo dico non ci crede. Io agli studenti di cinema qui in Sardegna l’ho appena detto, non siate come ero io, essere timidi ti fa perdere un sacco di occasioni e invece le persone bisogna conoscerle. Non sono uno che sgomita, la vita poi mi ha offerto delle occasioni. Volevo fare il regista perché era il mestiere di mio padre in tv». Sulla ritrosia ricorda quando, ospite in tv con Franco Battiato, «non gli rivolsi la parola perché non volevo parlare con uno dei miei miti, pensavo di non essere all’altezza, si mise a ridere e scoprii che accanto al lato mistico era un grande raccontatore di barzellette»; oppure ricorda quando era assistente di Zeffirelli per Un tè con Mussolini, «ero l’ultima ruota del carro, in realtà ero dogsitter, non riuscivo ad aprire bocca. Mi fece pure fare la comparsa ma mi vergognai e non andai nemmeno a ritirare il compenso. Non mi feci più sentire da lui. Poi certe cose ti rimangono addosso. Io per esempio non faccio mai i complimenti a un attore o a un regista perché non so cosa dire, i miei veri amici sono quelli a cui chiedo se hanno visto i miei film e mi rispondono no, non li abbiamo visti».
Ma come riuscì a fare le Iene in tv? «La telecamera è un meccanismo che ti permette di fare cose che non faresti mai nella vita. Alle Iene mi fingevo portaborse dei politici, sbucavo dal nulla e dicevo: “Per quella storiella che ha avuto con la ragazza tutto okay, è maggiorenne”».
Lei è un attore comico? «Mi sono sempre chiesto se la mia faccia rispecchi e comunichi i miei pensieri e penso di no, anche se la situazione è migliorata. In uno dei miei periodi di crisi tormentavo il mio agente chiedendogli: ma io chi sono? Una volta fui invitato in Vaticano davanti a Papa Francesco con altri attori comici, perché così vengo percepito. Avevo appena girato un filmato a Trieste dove le signore borghesi danno da mangiare a migranti che vivevano in condizioni disumane, mentre Salvini va in giro col rosario in mano e diceva quelle cose sui migranti. Il papa si aspettava da ognuno di noi una battuta. Quando venne il mio turno, sapendo che doveva andare a Trieste gli dissi: “Si ricordi dei migranti”. Lui cambiò faccia, si fece serio e rispose: “Lo so”. Sono uno che si indigna, ho un concetto alto della politica. Non dico che vorrei rivedere un Aldo Moro in giacca e cravatta al mare, ma insomma mi scandalizzo, ho 53 anni e non so se il mondo è peggiorato o se sono invecchiato io».
Agli studenti che lo invitano a parlare di criminalità, dopo il suo film La mafia uccide solo d’estate, racconta che «anche in Italia può succedere quello che succede nei paesi anglosassoni, dove non serve la raccomandazione. Un produttore mi vide in tv e mi disse: vuoi fare cinema o ti do io l’idea per un film?». La domanda ricorrente che gli fanno è se Falcone è morto inutilmente. «Ai ragazzi rispondo che, militarmente, la mafia è stata sconfitta. Ma la cultura mafiosa ancora esiste. Quando a Palermo rubano lo scooter a un professionista, quello cerca chi glielo ha rubato per pagare il riscatto. Ecco, con questa mentalità dobbiamo ancora fare i conti. E allora agli studenti dico che la risposta alla domanda su Falcone dipende da noi, se quando ci rubano il motorino diamo i soldi a chi ce l’ha rubato».
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20 giugno 2025
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