Dicono che siano pericolosi per le persone. Che le loro scorribande stiano decimando gli animali delle aziende agricole. E che siano persino responsabili della scomparsa di specie selvatiche. «Nel territorio dei lupi però la selvaggina abbonda e l’equilibrio è preservato – commenta Jean-Michel Bertrand, regista e documentarista francese che da lunedì 16 torna nelle sale italiane con In marcia coi lupi, il suo nuovo film, frutto di tre anni di riprese sulle Alpi e sulla catena del Giura -. Ne va della loro sopravvivenza: niente selvaggina, niente cibo». Detto in altri termini, la natura si regge sempre su un equilibrio e sono sempre le specie in cima alla catena alimentare ad avere il compito di regolarlo. Accade nelle montagne con i lupi, ma anche nella savana con i leoni o negli oceani con gli squali.
Non è la prima volta che Bertrand si occupa di questi predatori maestosi. Già nel 2017 ne aveva raccontato la vita selvaggia in La vallée des loups, che venne accolto molto bene dalla critica e dal pubblico. Ed è singolare che il nuovo film arrivi in Italia a pochi giorni dalla conclusione dell’iter Ue per il declassamento del livello di protezione del lupo, che dopo essere stato a lungo «rigorosamente protetto» passa ora ad uno status di protezione semplice. Che di fatto significa la possibilità per le autorità locali di adottare piani di contenimento in presenza di condizioni anche non emergenziali ma, per esempio, solo in ragione di attacchi ad animali da reddito.
Mentre a livello politico il dibattito attorno a questo tema è acceso – ora che l’Ue ha approvato il declassamento sta ai diversi Stati membri decidere se adottare a loro volta una politica meno restrittiva in chiave nazionale o se mantenere gli attuali livelli di protezione -, le immagini di Bertrand raccontano la vita dei branchi come se la telecamera fosse negli occhi degli stessi animali. Li ha seguiti a lungo sui percorsi di montagna. E li ha osservati e amati, prima ancora di catturarne l’animo.

Il viaggio da lui compiuto è una sorta di road-movie tra valli selvagge e aree urbanizzate delle Alpi, che si conclude in una capanna isolata nella foresta del massiccio del Giura, al confine con la Svizzera. Mesi e mesi di appostamenti e di tracce da seguire, di riprese con il teleobiettivo e di posizionamento di fototrappole, per studiare e documentare il comportamento dei lupi e, in particolare, il momento in cui i giovani non più cuccioli devono affrontare la vita adulta, abbandonando il territorio natio per percorrere la propria strada, cercare una compagna e dare vita ad un nuovo branco o entrare a far parte di uno in costituzione.
È così, del resto, che il lupo è tornato nelle montagne e nei boschi di tutta Europa. Non è vero che vi è stato reintrodotto, come sostiene una vulgata alimentata soprattutto da chi vorrebbe mano libera per tornare ad eliminarlo come già si era fatto in passato. Il lupo, che non è mai del tutto scomparso, soprattutto in alcune aree come il centro Italia, ha in realtà approfittato dei vuoti lasciati dall’essere umano che sempre di più ha abbandonato le terre alte, tranne quelle colonizzate con resort e impianti sciistici, lasciandole in balia della natura. Che si è così ripresa il proprio spazio: più vegetazione significa un maggior numero di erbivori; un maggior numero di erbivori significa abbondanza di prede per chi se ne nutre, i predatori carnivori appunto. Che in questo modo tornano a proliferare. Oggi si stima che in Europa ci siano circa 21 mila lupi, 3.300 solo in Italia.

Ma questo non è tanto un film sul rapporto tra il lupo e l’uomo, che pure viene evocato, ma soprattutto su quello tra il lupo e gli altri suoi simili. Sulle tracce degli esemplari solitari e nomadi, Bertrand mostra come i branchi attraversino ambienti ostili già occupati da altri lupi tutt’altro che disposti ad accoglierli. Ma anche territori antropizzati, dove gli esseri umani hanno sono intervenuti sull’ambiente me hanno modificato le loro le abitudini in tanti anni senza ululati. E dove il passaggio per gli animali è ancora più rischioso. «Ma chi invade davvero il territorio dell’altro?» si chiede il regista nel corso della narrazione, costruita con immagini che ha raccolto spesso in solitaria, altre volte con una troupe molto ridotta, affinché la presenza umana fosse ridotta all’indispensabile e non interferisse con la vita normale degli animali. Che pur percependone la presenza hanno alla fine tollerato Bertrand, entrato con loro in una sorta di simbiosi, ma sempre alla giusta distanza.

«Ho potuto incontrare gli occhi del mitico predatore – racconta il regista – e perfino vedere i cuccioli crescere. Ma ad un certo punto sapevo che l’animale braccato non abbassa mai la guardia e alla fine di tre anni straordinari ho deciso di non disturbarli ulteriormente». Una scelta sofferta ma necessaria. «I lupi mi hanno fatto crescere – sottolinea ancora Bertrand – e ora mi rendo conto che l’incredibile avventura che ho potuto vivere al loro fianco non è affatto un culmine o una fine, ma un inizio. L’inizio di un percorso, di un interrogarsi, di una ricerca naturalistica e filosofica che mi porterà ancora più vicino ai misteri del mondo selvaggio».
Il film, distribuito da Wanted e con il patrocinio del Club Alpino Italiano, sarà nelle sale fino al 18 giugno.

15 giugno 2025
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