
La storia ci insegna che il terremoto parte da quella che sembra solo una piccola crepa, prima che si allarghi. Da uno sguardo in tralice al soggetto del malcontento di Sinner, per esempio. Melbourne, gennaio 2022, terzo turno dell’Australian Open con il giapponese Daniel. Jannik fa fatica, viene trascinato al quarto set, sbotta contro Riccardo Piatti: «Io uso la testa ma tu devi stare calmo. Devi stare calmo, cazzo». Meno di un mese dopo verrà ufficializzato il divorzio dal coach.
A qualcosa di simile abbiamo assistito tutti tra le pagine di quel romanzo straordinariamente denso cinque ore e mezza che è stata la finale del Roland Garros tra Sinner e Alcaraz, un match epico, perso al super tie break del quinto set dal numero uno del mondo. Insoddisfatto, mano a mano che quel wrestling su terra rossa si sviluppava tra occasioni scivolate via e riprese, della sua tenuta fisica sulla distanza. Non in assoluto, sia ben chiaro: quella partita anzi ha dimostrato che il Sinner reduce dalla sospensione di tre mesi, con appena dodici partite sul rosso nelle gambe, è uscito alla grande dai blocchi (due set di vantaggio), è arrivato a un passo dal traguardo (tre match point consecutivi sfumati), ha gestito il ritorno dell’ossesso di Murcia restando per larghi tratti padrone del gioco e riaprendo il quinto set.
È al bivio con la storia, sul 6-6, che Carlitos è scappato via a un Sinner in riserva sparata (10-2), che già da tempo lanciava occhiate preoccupate al suo box. «Io tiro forte ma lui mi torna forte, cazzo». L’altro un gatto dalle sette vite, elettrico fino all’ultimo quindici. E lui frustrato, con la convinzione che una maggiore brillantezza fisica quando la partita di tennis è diventata maratona gli avrebbe consentito un’altra capacità di assorbimento dell’urto. E, quindi, di controffensiva.
Panichi e il suo protagonismo
Può essere, insomma, in questo snodo che ci lascia a bocca aperta perché non è normale, proprio no, privarsi di preparatore atletico (Marco Panichi) e fisioterapista (Ulises Badio) alla vigilia del torneo più importante della stagione, Wimbledon, che la coppia di super professionisti che Jannik Sinner allontana all’improvviso in questo delicatissimo momento della stagione paghi una serie di insoddisfazioni che si sono accumulate nel corso della collaborazione, iniziata nel settembre 2024 per rimpiazzare Umberto Ferrara e Giacomo Naldi, implicati nel caso Clostebol. Panichi in particolare, romano esuberante e romanista accanito, ex saltatore in lungo, prezioso collaboratore di Novak Djokovic negli anni della maturità e ottimo divulgatore quando si tratta di spiegare le dinamiche dell’allenamento di un fuoriclasse, per sua natura è sempre stato refrattario alle regole di un team in cui si parla solo se autorizzati, si compare solo accanto al campione e mai davanti, si collabora alla pari e mai da prima donna.
Nell’ambiente Panichi è noto per la sua preparazione e bravura, ma anche per un certo protagonismo e individualismo, che alla fine potrebbero essergli stati fatali. A lui e di rimbalzo a Ulises Badio, legatissimo a Marco negli incroci di due specializzazioni altamente interconnesse (anche Dalibor Sirola e Claudio Zimaglia, uomini di Piatti quando Jannik si allenava a Bordighera, come fisioterapista e preparatore atletico danno il meglio di sé lavorando insieme).
Qualcuno ha parlato troppo, negli ultimi nove mesi, on the records e nei fuorionda televisivi, nel team Sinner. E quel qualcuno non sono i due coach, Simone Vagnozzi e Darren Cahill, presenti a Wimbledon insieme all’osteopata Andrea Cipolla mentre si cercano i rimpiazzi. Addirittura, in questo film distopico, qualcuno si spinge spudoratamente a ipotizzare un ritorno di Ferrara, che nel frattempo non ha raggiunto l’accordo con il giovane talento azzurro Federico Cinà. La scalata di Wimbledon, che partirà martedì con il derby con Nardi e poi prevede Shapovalov (terzo turno), Paul (quarto), Musetti (quarti), Djokovic (semifinale) e Alcaraz nella finale dei sogni che sarebbe una rivincita al fulmicotone di Parigi su un palcoscenico ancora più importante, si trasforma in un’impresa il solitaria, o quasi, contro tutto e contro tutti.
La battuta al fisioterapista
Ormai sta diventando un’abitudine: ogni Slam, una piccola-grande bomba. Lo svelamento del caso Clostebol all’Open Usa 2024, la prossima pensione di Cahill all’Australian Open di gennaio (chissà che questo ennesimo sconvolgimento non induca il coach a ripensarci), la sparizione nel nulla di Panichi e Badio a Wimbledon. Sinner si è sempre dimostrato imperturbabile: a New York e Melbourne, nonostante tutto, ha vinto lui. Però c’è un limite anche alle scosse sismiche che un giovane uomo può assorbire, accidenti. Lo stesso giovane uomo che pochi giorni fa ad Halle, sull’erba tedesca dove ha perso da Bublik e dove era accompagnato da Badio (non da Panichi, che non si vede da Parigi), faceva pagare il pegno di una scommessa persa durante l’allenamento all’(ormai ex) fisioterapista. Pallata addosso e battutina tagliente: «Ora è il tuo turno di ingoiare un po’ di merda».
27 giugno 2025
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