
A parte le opere bio-agiografiche, a volte molto sentite come quella di Olmi del ’65, «E venne un uomo» con Rod Steiger nel ruolo di Giovanni XXIII, il Papa è sempre stata una figura un po’ tabù nel cinema italiano, piccola eccezione la sfilata della moda ecclesiastica in «Roma» di Fellini che finisce appunto con l’apparizione di un Papa fatto solo di sovrastrutture, ornamenti, luci, liturgia ad effetti speciali, frutto del puro genio dell’autore. E qualche partecipazione speciale: Paolo Stoppa papa Pio VII nel «Marchese del Grillo» e il Giulio II di Rex Harrison nel «Tormento e l’estasi», film michelangiolesco del 65,
Ma c’è un titolo che oggi appare perfetto per i prossimi mesi ed è «Conclave», film di Edward Berger, tratto dal romanzo di Rober Harris, che ha vinto l’Oscar e il Golden globe per la sceneggiatura non originale di Peter Straughan, anche se «Avvenire», il quotidiano cattolico, ha definito giustamente il film «un’involontaria parodia» che nel mondo ha incassato 116 milioni di dollari e in Italia ha di poco superato i 6 milioni di euro. Ma il conclave che vediamo, dopo la morte di papa Gregorio XVII per attacco di cuore, è il fac simile di un’operazione politica di basso livello, sotto la direzione del decano cardinale Thomas Lawrence, l’attore Ralph Fiennes, che ha dubbi esistenziali sulla propria fede come il Papa Michel Piccoli del grande film di Moretti. In puro stile fantasy melo nel «Conclave» ecco una sequela di peccati non veniali, segreti, corruzioni, tangenti, tradimenti. Ci sono quattro contendenti: un americano liberal, un nigeriano conservatore, un canadese tradizionalista e un italiano reazionario (Sergio Castellitto). All’ultimo arriva Benitez, missionario messicano vescovo di Kabul, nominato all’ultimo cardinale in pectore dal pontefice defunto. E partono i lavori e i gossip paludati, un tradizionalista rovinerebbe le riforme, le encicliche, i pensieri del papa precedente di natura liberale (questa è l’unica somiglianza col presente storico del «migrante» Francesco amico del popolo). Viene fuori un misterioso viaggio in Svizzera di Benitez, finanziato dal pontefice: alla seconda votazione sembra in testa il nigeriano, pure omofobo, che si scopre aver avuto una relazione con una suora (Isabella Rossellini) da cui è nato un figlio ora in adozione. Seguono altri fatti e fattacci, attentati e violenze, finchè vince Benitez che si oppone alla violenza per rispondere alla violenza, come le mogli dei cow boys dicevano già nei western. E Benitez diventa così Papa Innocenzo XIV. Ma viene fuori dal cilindro che la visita in Svizzera, poi annullata, era fissata per una isterectomia: di sesso maschile, aveva anche un utero, ma accetta la sua doppia contabilità sessuale.
Su un tono documentaristico «I due Papi» di Fernando Meirelles con Jonathan Pryce (Francesco) e Anthony Hopkins racconta la strana situazione venutasi a creare dopo le dimissioni di Ratzinger, ma attenendosi alla realtà. Chiaro che per «Conclave», romanzo e film puntano a stupire il pubblico, così come le serie televisive di Paolo Sorrentino con papa Jude Law (un Papa di nome Giuda…), alzando la soglia dell’incredulità dello spettatore medio, trattando la cronaca più che lo spirito. Invece ci sono due film molto più intensi e veri anche se certo non realistici. Uno era «L’udienza» di Marco Ferreri, del 72, con Iannacci che vuole incontrare il Papa ma viene scambiato dagli apparati difensivi per terrorista; il secondo, molto noto, è uno dei titoli migliori di Nanni Moretti, «Habemus Papam» del 2011 con il meraviglioso Piccoli che, eletto Papa dopo un lungo conclave, allietato da una partita di pallavolo, scopre di non sentirsi all’altezza del compito, nonostante i colloqui con lo psicanalista Nanni Moretti e alla fine l’immagine del balcone vuoto sulla piazza dove il Papa non si affaccerà è un’immagine indelebile che va anche al di là del suo semplice significato religioso. La figura dell’indipendente papa Piccoli che si sente inadeguato e comunque in divenire, è meravigliosa e in qualche modo si avvicina al nostro amato Francesco. Nel film di Nanni decide di far di testa sua, esce dal Vaticano e va in giro per Roma, entra in negozi, va a teatro a vedere Cecov da un palco, «Il gabbiano», riscoprendo non casualmente l’amore per il teatro, così come Francesco aveva scoperto l’amore per il neo realismo al cinema e per «Io, capitano» di Garrone, oltre che per i manzoniani «Promessi sposi».
Se invece si cerca qualcosa di molto polemico verso il Papato, ecco «Il vicario» di Rolf Hochhuth opera teatrale del ’63 che affronta le responsabilità di Pio XII sulla questione ebraica e la Shoah, accusandolo di passività e quasi di connivenza tanto che lo spettacolo in Italia fu proibito e fu recitato solo nel 65 da un grande ribelle protagonista dello spettacolo, Gian Maria Volontè, che ebbe per l’occasione guai con la polizia: dopo la prima recita il teatro fu chiuso con la scusa del certificato di agibilità: seguì una lettura alla Libreria Feltrinelli che aveva pubblicato il testo allestito a Berlino da Piscator e si dovette attendere fino al 2007 per ritrovare «Il vicario» a teatro con la regìa di Rosario Tedesco. Ma dal testo fu tratto anche un film di Costa Gavras, «Amen» del 2002 che fu denunciato dal Vaticano.
21 aprile 2025 ( modifica il 21 aprile 2025 | 12:59)
© RIPRODUZIONE RISERVATA