
Dal nostro corrispondente
PARIGI – Il procuratore ha chiesto l’ergastolo senza possibilità di riduzione della pena per l’imputata Dahbia Benkired, 27 anni, accusata dello stupro, degli atti di tortura e dell’omicidio di Lola Daviet, la ragazzina dodicenne che tre anni fa venne avvicinata subito dopo l’uscita di scuola a Parigi, e poi uccisa dopo ore di sevizie.
L’imputata ha cambiato più volte versione quanto ai dettagli di uno dei crimini più efferati della storia francese recente, ma non ha mai negato di esserne l’autrice. Senza fissa dimora, nata il 12 aprile 1998 ad Algeri, Dahbia Benkired si trovava dal 2019 in situazione irregolare sul territorio francese ed era colpita da un provvedimento di espulsione che non è mai stato eseguito, elemento che ha provocato enormi polemiche politiche. La donna non aveva precedenti penali ed era nota alle forze dell’ordine solo come vittima di violenza domestiche. Nel 2019 ha perso il padre, poi la madre nel 2020 e secondo la sorella Friha, che abitava nello stesso palazzo di Lola e della sua famiglia e che ospitava spesso Dahbia, la perdita dei genitori sarebbe stata la svolta che ha fatto sprofondare la donna nello squilibrio psichico.
Al processo Dahbia Benkired è apparsa assente e priva di empatia per la ragazzina uccisa e per i suoi famigliari. Ha raccontato di come ha incontrato Lola in fondo al palazzo, appena rientrata a casa dopo la scuola, e di come le ha chiesto di salire nell’ascensore con lei fino all’appartamento della sorella per aiutarla a portare alcune valigie. Lei le ha risposto: «I miei genitori sono i custodi del palazzo, non vogliono che vada con qualcuno che non conosco». Allora l’ha tirata per un braccio dentro l’ascensore e l’ha trascinata fino al sesto piano.
Nell’appartamento della sorella Friha, che era assente, Dahbia Benkired si è accanita sulla ragazzina «per vendicarmi del male che Mustapha aveva fatto a me». Secondo il racconto della donna, Mustapha era il compagno che la picchiava e abusava di lei. Dahbia Benkired avrebbe preso Lola, totalmente a caso, per «fare a lei il male che avrei voluto fare a Mustapha». «Ero piena di odio, e Lola era solo una persona più debole di me, non l’ho scelta, mi è capitata a portata di mano». L’ha obbligata a spogliarsi e a fare una doccia, poi l’ha violentata come Mustapha era solito fare con lei. Ha usato nastro adesivo per legarle le caviglie e i polsi e per soffocarla, poi l’ha accoltellata, infine chiusa in una valigia. «All’inizio non volevo ucciderla, volevo fare del male a qualcuno. Ma visto che l’avevo violentata, a quel punto tanto valeva ucciderla».
Venerdì mattina un gruppo di estremisti di destra si è riunito davanti al tribunale per chiedere la pena di morte per Dahbia Benkired, nonostante gli appelli dei famigliari a non strumentalizzare questa atrocità a fini politici.
Il padre di Lola Daviet è morto dopo la perdita della figlia. In aula, la madre Déplhine ha parlato della ragazzina come di «una persona allegra, felice di vivere, sempre pronta ad amare il prossimo. Aveva un carattere forte, non le piaceva che le si dicesse di no, come tutti i bambini immagino… Ma non mancava mai di rispetto agli adulti. Abbiamo educato i nostri figli al senso della condivisione e del rispetto, ma spiegando anche loro i pericoli che possono arrivare dagli sconosciuti. Dicevo sempre ai bambini: “Se qualcuno vi aggredisce, gridate, ci sarà sempre qualcuno che vi sentirà!”». Délphine Daviet ha raccontato di fare fatica a perdonare sé stessa per non essere riuscita a proteggere la figlia in quei momenti. «Il mio cuore di mamma è a pezzi, per sempre, ma alla fine ho capito, con l’aiuto della psicologa, che i colpevoli non siamo noi, ma lei».
Durante il processo la madre di Lola ha chiamato l’assassina «lei», «il diavolo», «la cosa» o «il mostro». Délphine Daviet ha chiesto alla giustizia «di fare il necessario affinché questa persona venga rinchiusa a vita. Non chiedete altro che l’ergastolo», e il procuratore l’ha accontentata. Rivolgendosi alla corte, il magistrato ha detto «vi chiedo una sentenza certamente non dettata dall’odio, o da una pressione esterna che non ha motivo di esistere, ma dalla responsabilità di proteggere la società da una donna che sono intimamente convinto sia ancora estremamente pericolosa».
I vari periti psichiatrici hanno evocato disturbi psichici, a proposito di Dahbia Benkired, ma senza arrivare a considerarla incapace di intendere e di volere al momento del crimine. L’imputata sapeva di fare il male, voleva farlo, lo ha fatto, e se lasciata libera potrebbe commettere altri crimini. Secondo le previsioni, il tribunale dovrebbe accogliere la richiesta del procuratore.
24 ottobre 2025 ( modifica il 24 ottobre 2025 | 13:05)
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