
Aumenta il pressing diplomatico su Israele. Intanto a Gaza i palestinesi continuano ad essere uccisi mentre sono in fila per gli aiuti alimentari.
Nelle ultime 24 ore sono ben 91 i gazawi che hanno perso la vita nel tentativo di ottenere cibo, riporta il ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas: secondo i palestinesi, è l’esercito israeliano a sparare per primo (in passato, il quotidiano Haaretz aveva riportato testimonianze anonime di soldati che raccontavano di episodi analoghi), mentre lo Stato ebraico punta il dito contro le milizie palestinesi, sostiene che gli spari sono partiti da qualcuno all’interno della folla e che l’esercito ha risposto con colpi di avvertimento.
Proprio per discutere la crisi umanitaria a Gaza, che sta indispettendo sempre più l’amministrazione di Donald Trump, è atterrato ieri a Tel Aviv l’inviato speciale americano Steve Witkoff, che secondo la Casa Bianca ha avuto un colloquio «molto produttivo» con Benjamin Netanyahu. Recentemente Trump, che pure ha sempre addossato ad Hamas la responsabilità del fallimento dei negoziati, aveva smentito pubblicamente Netanyahu, che sostiene non esista alcuna carestia a Gaza: «La fame c’è».
Oggi Witkoff dovrebbe recarsi nella Striscia, insieme all’ambasciatore Usa a Gerusalemme, Mike Huckabee: i due ispezioneranno anche un centro di distribuzione. Dopo Trump dovrebbe approvare il «piano finale» per cibo e aiuti. Intanto, ha ribadito sui social network la sua ricetta: «Il modo più veloce di porre fine alla crisi umanitaria a Gaza è che Hamas si arrenda e restituisca gli ostaggi». Il giorno precedente, la Lega Araba aveva chiesto, durante un’assemblea dell’Onu, a Hamas di deporre le armi e rinunciare al controllo della Striscia.
Sul fronte diplomatico, altri Paesi hanno annunciato l’intenzione, o la disponibilità, a riconoscere uno Stato palestinese, aggiungendosi all’iniziativa lanciata dal presidente francese Emmanuel Macron e raccolta, sebbene con qualche distinguo, dal premier britannico Keir Starmer. Il primo ministro canadese Mark Carney ha annunciato che il suo Paese intende riconoscere la Palestina a settembre, in occasione dell’Assemblea generale Onu.
Anche Malta ha manifestato la stessa intenzione, mentre il Portogallo sta «prendendo in considerazione» la cosa. La Germania resta più cauta, ma il ministro degli Esteri Johann Wadephul avverte che «Israele è sempre più in una posizione di minoranza» ed esprime preoccupazione sulle voci di un piano di annessione parziale della Striscia: davanti ad «azioni unilaterali», ha detto, Berlino «dovrà rispondere». Che le prese di posizione siano soprattutto una forma di pressione su Israele, lo aveva fatto capire Starmer.
Molti Paesi già riconoscono la necessità di fare nascere uno Stato palestinese, ma all’interno di un processo di pace in cui sia coinvolto Israele: un riconoscimento unilaterale sarebbe uno schiaffo diplomatico. Non per nulla il premier di Londra aveva messo in chiaro che, se Netanyahu accettasse un cessate il fuoco, farebbe subito marcia indietro sul riconoscimento unilaterale.
1 agosto 2025 ( modifica il 1 agosto 2025 | 08:21)
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