
«L’altra sera, dopo lo shabbat, ho visto tantissima gente manifestare qui a Gerusalemme, sfilavano nella Città Vecchia di fronte al nostro convento. Non si può immaginare, erano migliaia. A Tel Aviv parlano di duecentomila persone. Domenica prossima ci sarà uno sciopero generale. La maggior parte del popolo, in Israele, è contraria al piano di occupazione del governo, a cominciare dalle famiglie degli ostaggi». Padre Ibrahim Faltas, 61 anni, egiziano, vicario della Custodia francescana di Terra Santa, ha la voce sfinita: «Questo piano è una cosa sconvolgente, orribile. È il momento di trovare una soluzione umana a una situazione disumana. Oggi, non domani».
Cosa accadrà se il piano di Netanyahu sarà compiuto?
«Che ci saranno ancora più morti, nella popolazione di Gaza e pure tra i soldati israeliani. Moriranno anche gli ostaggi. E vedremo una distruzione ancora maggiore, anche se è difficile immaginarlo. La Striscia è devastata, già il 92 per cento delle abitazioni è stata rasa al suolo».
C’è chi contesta le cifre dei morti, fornite da Hamas, e nega la carestia…
«Hamas parla di oltre sessantamila morti ma Haaretz, se è per questo, ne calcola centomila. Le immagini sono vere, come vere sono quelle degli ostaggi. A Gaza si muore ogni giorno di bombardamenti, di mancanza di cure, o mentre si è in coda per un pezzo di pane. Sono in contatto con la gente, li vedo. Una cosa fa più orrore di tutto…».
Quale?
«Il silenzio dei bambini. Non riescono nemmeno più a piangere. A Gaza si contano almeno duecento persone morte letteralmente di fame, e più della metà sono bambini. Nessuno può accettare una cosa del genere. Che colpa hanno, i bambini? Sono i più indifesi. Che cosa hanno fatto? La loro colpa è di essere nati a Gaza? Non sono stati loro a organizzare l’orrore del 7 ottobre. E Hamas non rappresenta il popolo, è l’Autorità palestinese a farlo».
Che si può fare?
«Questa domanda la dobbiamo fare a tutti i potenti della Terra che stanno in silenzio. Da settant’anni stiamo chiedendo alla comunità internazionale di fare qualcosa. Dov’è il mondo, la coscienza dell’umanità? Il popolo palestinese ha il diritto di vivere nella propria terra. Il piano di Netanyahu calpesta ogni diritto, gli accordi di Oslo. L’errore più grande è continuare la guerra. Gli ostaggi si liberano solo tramite un accordo».
Lei è stato a lungo a Betlemme, com’è la situazione?
«Betlemme è deserta, la città è morta. Niente più pellegrini, da ventidue mesi la gente non lavora e 175 famiglie cristiane sono andate via, si aspetta di vedere Betlemme senza cristiani? A Gerusalemme non va meglio, il 90 per cento dei cristiani lavora nel turismo, negozi e hotel sono chiusi. Ma è un problema generale».
In che senso?
«Prima del 7 ottobre, migliaia di palestinesi lavoravano in Israele. Da allora non possono uscire. Se Gaza è diventata un cimitero a cielo aperto, Betlemme come la Cisgiordania sono prigioni a cielo aperto. C’è gente che non esce da due anni, in migliaia hanno perso il lavoro».
Se ne uscirà?
«Ora dominano l’odio e la vendetta. Non c’è perdono. Israeliani e palestinesi, ebrei e arabi lavoravano assieme. Dopo il 7 ottobre è tutto cambiato. Ciascuno ha paura dell’altro. Il dolore c’è ovunque, tutti soffrono. Soffrono gli israeliani, i palestinesi. Soffrono gli ebrei, i musulmani, i cristiani. Quando questa guerra maledetta sarà finita, ci vorrà ancora molto, molto tempo».
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10 agosto 2025
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