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Opus Dei sotto inchiesta in Argentina: la denuncia delle 43 ragazzine «ridotte in schiavitù»

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Norma Pedrozo conservava come un tesoro il borotalco che le aveva  mandato sua madre dall’Argentina. L’avevano portata via da casa che aveva da poco compiuto quattordici anni, con la promessa di una vita migliore. Era finita a fare i lavori domestici a Roma. Quando gli hanno sottratto quel borotalco, ha capito che doveva andarsene. «Non so perché non sono partita prima, non ho avuto il coraggio. Avevo paura che mi cercassero con la polizia», ha raccontato al quotidiano La Nacion.
 
Alicia Torancio aveva 16 anni quando fu convinta a lasciare la sua umile famiglia di campagna a Corrientes. A 22 anni era responsabile di una cucina che dava da mangiare a circa 70 persone appartenenti all’Opus Dei. Arrivò a pesare 45 chili finì in un ospedale neuropsichiatrico dopo un tentativo di suicidio. «Non me ne sono andata perché mi hanno detto che questa sofferenza era la mia croce».

Quarantatré donne che accusano l’Opus Dei di averle rese schiave. Alla fine degli anni ’80, l’organizzazione cattolica ultraconservatrice, promise loro una via di fuga dalla povertà rurale dell’Argentina, del Paraguay, della Bolivia o dell’Uruguay dove vivevano. Le ragazzine, alcune appena dodicenni, pensavano di ricevere un’istruzione. Il loro destino, invece, era fare le serve. 

La procura argentina, lo scorso ottobre, ha concluso che sussistono i presupposti per avviare un’indagine penale sulle massime cariche dell’Opus Dei in Sudamerica tra il 1983 e il 2015, per reati di tratta di esseri umani e sfruttamento. A seguito di una denuncia presentata nel 2022, la procura ha stabilito che, dall’inizio degli anni Settanta, fino al 2015, «persone che ricoprivano diverse posizioni all’interno dell’Opus Dei hanno creato una struttura dedicata al reclutamento di almeno 44 donne, la maggior parte adolescenti, da sottoporre a condizioni di vita paragonabili alla servitù».

I pubblici ministeri sostengono che l’Opus Dei ha selezionato ragazze provenienti da famiglie a basso reddito, «con la promessa di ricevere formazione e migliorare le loro prospettive di lavoro». Quindi, «venivano sottoposte a un regime di “formazione spirituale, professionale e lavorativa” per poi essere assegnate a vita a svolgere compiti domestici nei centri dell’Opus Dei, sia nel Paese che all’estero». Lavoravano senza retribuzione e senza pause per 12 ore al giorno, le uniche interruzioni per il cibo o la preghiera, nessuna iscrizione al sistema di sicurezza sociale e altre violazioni dei diritti fondamentali. La denuncia dei pubblici ministeri è ora all’esame di un giudice, che deciderà se procedere al processo. L’Opus Dei ha negato ogni accusa.

Andrea Martínez aveva dodici anni quando è stata portata in una scuola a diverse ore dalla casa dei suoi genitori. Ricorda di essere stata messa al lavoro il giorno in cui è arrivata, insieme a decine di altri bambini. «Lavoravamo nove ore al giorno, sette giorni alla settimana, lavando i panni e preparando il cibo dei membri maschi più anziani. Avevamo solo tre ore di scuola al giorno». Dopo quattro anni di “scuola”, Martínez dice di essere stata costretta a diventare un’assistente numeraria, la domestica dell’Opus Dei, che doveva dedicarsi alla cucina e alle pulizie per i membri anziani e i sacerdoti, mentre viveva una vita di celibato.

L’Opus Dei — Opera di Dio in latino — è stata fondata dal sacerdote spagnolo Josemaría Escrivá nel 1928 e conta 90 mila membri in 70 Paesi. Il gruppo laico, fortemente favorito da San Giovanni Paolo II, che ha canonizzato Escrivá nel 2002, gode di uno status unico nella Chiesa e risponde direttamente al Papa. La maggior parte dei membri sono uomini e donne laici con lavori e famiglie secolari che si impegnano a “santificare la vita ordinaria”. Altri membri sono sacerdoti o laici celibi.

18 aprile 2025 ( modifica il 18 aprile 2025 | 16:21)

18 aprile 2025 ( modifica il 18 aprile 2025 | 16:21)

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