
Sono in arrivo anche in Italia farmaci per il trattamento di pazienti sintomatici con malattia di Alzheimer in fase iniziale. In particolare, l’anticorpo monoclonale lecanemab ha ricevuto l’autorizzazione della Commissione Europea per l’immissione in commercio, per cui la nostra Autorità regolatoria, l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha avviato l’iter per autorizzare anche in Italia il medicinale per quei pazienti in cui «il profilo rischio-beneficio è favorevole», inserendo con Determina del 9 luglio 2025 nella classe C(nn), dedicata ai farmaci non ancora valutati ai fini della rimborsabilità. Il farmaco, che non potrà essere somministrato in modo autonomo, dovrebbe essere disponibile, a carico del Servizio Sanitario Nazionale, agli inizi del prossimo anno.
Ma chi potrà accedervi e a quali condizioni? Lo abbiamo chiesto al presidente della Società Italiana di Neuroscienze Ospedaliere, Pasquale Palumbo, direttore Neurologia dell’Ospedale di Prato e del Dipartimento delle Specialistiche Mediche dell’Azienda Usl Toscana centro.
Potranno beneficiarne solo i pazienti con Mild Cognitive Impairment (lieve declino cognitivo) o anche in fase iniziale di Alzheimer?
«EMA, l’Agenzia europea dei medicinali, indica il Lecanemab per i pazienti affetti da un disturbo cognitivo lieve o demenza di grado lieve dovuti alla malattia di Alzheimer in fase iniziale. Inoltre, per ridurre il rischio di potenziali complicanze, il farmaco non dovrà essere somministrato ai pazienti portatori dell’allele ɛ4 del gene per l’apolipoproteina E (ApoE ɛ4) o eterozigoti con patologia amiloide confermata. Certamente potranno beneficiarne anche i pazienti con disturbi sfumati e iniziali di deterioramento cognitivo che soddisfino gli altri criteri diagnostici per malattia di Alzheimer».
A cosa servono questi farmaci e come funzionano?
«Si tratta di farmaci il cui scopo è quello di rallentare la malattia di Alzheimer, funzionando come un anticorpo che si lega alle placche di amiloide, che è la proteina patogena che si accumula in modo abnorme nel cervello. I farmaci, sotto forma di anticorpi monoclonali, detti così perché sono tutti identici, si legano all’amiloide, stimolando il sistema immunitario ad eliminarla».
È vero che hanno effetti collaterali importanti?
«Sì, parliamo di farmaci che, seppure raramente, possono provocare complicanze cerebrali importanti come edema ed emorragia; pertanto è indicato che la somministrazione del farmaco si verifichi in setting ospedalieri dotati dei servizi che tutelino la sicurezza del paziente».
In che modo saranno individuati i pazienti eleggibili?
«Attraverso una maggiore attenzione e una valutazione clinica orientata a cogliere aspetti molto precoci, ai quali prima si dava meno importanza, non esistendo farmaci in grado di modificare l’evoluzione della malattia. In pratica, bisognerà modificare l’approccio al paziente da parte del clinico che, in partnership con il neuropsicologo, dovrà essere sempre più orientato a intuire i lievi disturbi cognitivi che si associano ai segni laboratoristici, biomolecolari e genetici che indicano l’accumulo di amiloide».
Come si potrà accedere alla terapia e chi la prescriverà?
«L’accesso alla terapia sarà regolato dalle indicazioni che il nostro ente regolatorio (AIFA) emanerà all’atto della prescrivibilità. Il percorso prescrittivo potrà essere assicurato da qualunque medico che abbia un sospetto fondato; saranno, poi, i Centri autorizzati alla prescrizione a dover esaminare il paziente e valutare se è eleggibile alla somministrazione. Pertanto, il Centro prescrittore dovrà essere dotato di neurologi o altri specialisti sufficientemente esperti nella diagnosi della malattia, ma anche degli strumenti diagnostici necessari (indagini biologiche liquorali, esami genetici, neuroimaging e di medicina nucleare biomolecolare) che dovrebbero essere comunque meglio definiti da AIFA.
Chi potrà somministrare il farmaco?
«La somministrazione dovrebbe essere a cura dei Centri posti in setting ospedalieri dotati di un servizio di Risonanza magnetica (RMN) dell’encefalo e di consulenza neurologica H24. Tutto ciò per controllare che, soprattutto, dopo le prime infusioni, non si verifichino gli effetti temibili come un’emorragia cerebrale o l’edema vasogenico. In Regione Toscana, per esempio, gli organismi di governo clinico hanno condiviso uno scenario simile stilando un documento condiviso».
Come organizzarsi, fin da ora, per rendere possibile l’accesso sicuro, rapido ed equo a questi farmaci su tutto il territorio nazionale?
«Credo sia necessario che le Società scientifiche e i professionisti trovino il modo di interfacciarsi con le proprie amministrazioni regionali, proponendo un modello che sia univoco su tutto il territorio nazionale. Questo lavoro è molto importante anche perché sono in arrivo nuovi farmaci con lo stesso meccanismo d’azione e la ricerca è attiva anche su altri meccanismi patogenetici che portano alla demenza. Pertanto, sarà fondamentale che il mondo clinico ospedaliero e ambulatoriale non si trovi impreparato di fronte a questo cambiamento di grande portata».
Se i nuovi farmaci sono destinati ai pazienti in fase iniziale di malattia, vuol dire che bisogna accelerare anche i tempi della diagnosi?
«Un cambiamento di approccio, orientato a intercettare precocemente i pazienti, sarà inevitabilmente accompagnato da nuovi modelli organizzativi dei servizi neurologici, che dovranno essere potenziati, per far fronte a una domanda su vasta scala che dovrà essere filtrata in modo appropriato».
Una prima «selezione» di pazienti eleggibili alla somministrazione potrebbero farla anche i Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD) o non sono attrezzati?
«La gestione di questi farmaci non potrà prescindere dai CDCD che, da più di 25 anni, offrono un servizio specialistico per la diagnosi, la cura e il supporto a persone con Alzheimer. I Centri rappresentano la rete dotata dei professionisti (non soltanto medici) più esperti nella diagnosi e nel trattamento. Tali strutture dovrebbero essere, a mio parere, potenziali Centri prescrittori e/o somministratori in relazione alle dotazioni cliniche e diagnostiche presenti».
20 settembre 2025
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