
La revisione delle norme sul benessere negli animali non sarà oggetto del programma di lavoro del prossimo anno della Commissione Europea. Nonostante gli impegni e le promesse, Ursula von der Leyen e i suoi commissari non l’hanno inserita nell’agenda del 2026. Questa ipotesi era già emersa in una bozza non ufficiale circolata nei giorni scorsi. La pubblicazione del documento ufficiale ha confermato la decisione di stralciarla.
Le associazioni di protezione di tutta Europa esprimono grande preoccupazione per questa scelta e annunciano battaglia. Anche perché era stata la stessa Commissione Ue, nella passata legislatura, ad affidare più di un mandato all’Efsa, l’agenzia europea per la Sicurezza alimentare, per redigere valutazioni scientifiche sulla situazione attuale degli animali negli allevamenti e per individuare i punti deboli su cui intervenire. E, ovviamente, su come farlo. L’Efsa ha espresso i suoi pareri relativamente agli allevamenti di galline ovaiole, di conigli, di suini e di bovini e anche sul trasporto degli animali vivi e aveva pubblicato le proprie osservazioni. Che però, a quanto pare, resteranno ancora chiuse nel cassetto.
«Si tratta di una mossa in contraddizione con l’impegno di presentare entro il 2026 il tanto atteso pacchetto di proposte legislative in materia – fanno notare -. Un impegno reiterato in diverse circostanze dal nuovo Commissario per la Salute e per il benessere animale Olivér Várhelyi». Tra i nodi da risolvere c’è in particolare quello dell’allevamento degli animali nelle gabbie, che era stato oggetto anche di una mobilitazione della coalizione «End the cage age» che aveva messo insieme 170 associazioni in tutti gli Stati membri, con coordinamento affidato a Compassion in World Farming (Ciwf), e che aveva portato a compimento l’omonima Iniziativa dei cittadini europei, una sorta di legge di iniziativa popolare, che aveva raccolto 1,4 milioni di firme certificate (il quorum, era di un milione, abbondantemente superato).
La Commissione Ue, in risposta, si era impegnata a presentare già entro la fine del 2023 una proposta per eliminare le gabbie in zootecnia, una scelta che gode anche di ampio consenso tra i cittadini europei, stando ad un sondaggio di Eurobarometro che certifica nell’89% la quota di quelli che vorrebbero metodi di allevamento diversi. Ma il 2023 era trascorso invano e per questo l’anno seguente il comitato promotore dell’Ice aveva presentato un ricorso contro la Commissione Ue presso la Corte di Giustizia.
Siamo però arrivati ai giorni nostri e nelle stalle degli allevamenti poco o nulla è cambiato per iniziativa delle stesse aziende. Assolutamente nulla si è mosso sul piano legislativo. Del resto il passaggio alla nuova commissione Von der Leyen, a seguito delle elezioni europee dello scorso anno, era stato accompagnato da un cambiamento negli equilibri politici dell’Europarlamento, con un maggiore peso delle forze sovraniste e conservatrici che non avevano mai visto di buon occhio le iniziative più attente all’ambiente, come il Green Deal o la strategia Farm to Fork, finalizzate a promuovere, anche in campo agricolo, le iniziative più sostenibili e a premiare le piccole aziende legate al territorio, anziché i soggetti di maggiori dimensioni. Lo stop alla revisione delle norme sul benessere animale è probabilmente figlia dello stesso clima, visto che sugli allevatori puntano molto le forze politiche più refrattarie alle norme per la tutela dell’ambiente.
L’unica misura a favore del benessere degli animali annunciata nel programma di lavoro 2026, fanno notare le associazioni, è di natura non legislativa su «zootecnia, con inclusi elementi in materia di benessere animale». Qualche parola, insomma, verrà forse anche spesa in materia, ma non si andrà oltre.
«La Commissione europea ha più volte insistito che avrebbe presentato la proposta per eliminare le gabbie verso la fine del 2026, seguendo la linea indicata dalla Visione europea per l’agricoltura e il cibo – commentano le associazioni italiane della coalizione End the Cage Age -. E allora perché non ha incluso questa legislazione nel programma di lavoro dell’anno prossimo? Questo è un messaggio preoccupante per i milioni di cittadine e cittadini europei che vogliono e si aspettano che la normativa venga presentata come promesso». C’è poi il tema concreto del benessere degli animali che al momento continuano ad essere allevati con i metodi in essere: «Milioni di animali sono ancora intrappolati e soffrono nelle gabbie di tutta l’Europa, gli allevatori e il settore devono ricevere indicazioni chiare e i cittadini vogliono che le loro voci siano ascoltate e che l’Ue mantenga la propria promessa». Ecco perché ora si attende con maggiore trepidazione al risultato del ricorso presentato contro la Commissione.
Il movimento stima che siano 300 milioni gli animali allevati a scopo alimentare che trascorrono gran parte o tutta la loro vita in gabbie o recinti individuali. Le galline e i conigli sono rinchiusi in spazi della grandezza di un foglio A4; le scrofe sono invece costrette ad allattare i propri piccoli in gabbie così strette che non possono neanche girarsi su sé stesse. In alcuni Paesi è anche consentito tenere anatre e oche in gabbia mentre vengono alimentate forzatamente per la produzione del foie gras, pratica vietata in diversi Stati, tra cui l’Italia, dove però ne è permessa la vendita.
La coalizione italiana di «End the Cage Age» è composta da Amici della Terra, Animal Aid, Animal Equality Italia, Animal Law Italia, Animalisti Italiani, Ciwf Italia, Confconsumatori, Enpa, Essere Animali, Humane World for Animals Italy, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, Lega per l’Abolizione della Caccia, Lav, Legambiente, Leidaa, Lndc Animal Protection, Lumen, Oipa, Partito animalista, Terra Nuova, Terra!
21 ottobre 2025
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