
Pubblichiamo il testo dell’attivista iraniana, e premio Nobel per la Pace, Narges Mohammadi.
La recente condotta del governo iraniano nei confronti dei migranti afghani – in particolare le deportazioni su larga scala, i rimpatri forzati nel Paese di origine senza tener conto di considerazioni umanitarie, la mancanza di trasparenza nell’annuncio delle procedure di espulsione e le pressioni amministrative e di sicurezza – è in chiara contraddizione con gli obblighi internazionali della Repubblica Islamica dell’Iran, tra cui la Convenzione sui Rifugiati del 1951, il principio di non respingimento, la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e gli accordi tripartiti con il Governo dell’Afghanistan e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr).
Per decenni, i popoli dell’Iran e dell’Afghanistan hanno vissuto fianco a fianco nel rispetto, nella coesistenza e nell’interazione umana. Questo legame di lunga data impone alle istituzioni di governo iraniane il dovere morale e storico di tutelare la dignità dei migranti afghani e dei richiedenti asilo.
Le deportazioni forzate, gli arresti di massa e le restrizioni all’accesso dei migranti ai servizi di base costituiscono una violazione dei diritti umani fondamentali, a maggior ragione considerando che, secondo fonti attendibili, molti dei detenuti sono in possesso di validi documenti di soggiorno, studio o lavoro. Ciò è contrario agli standard umanitari e agli impegni assunti dall’Iran verso le organizzazioni internazionali.
È essenziale, in linea con i principi e le norme umanitarie, sostituire tali pratiche illegali e disumane con soluzioni appropriate per gestire la presenza – o il rimpatrio volontario – di cittadini afghani, che sono essi stessi vittime del sistema ideologico che governa il loro Paese d’origine.
3 luglio 2025
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