Morto Ruggero Savinio, nella sua arte eredità e voci del Novecento

di Edoardo Sassi Il primo gennaio è scomparso nella sua casa di Cetona (Siena) il pittore figlio di Alberto e nipote di Giorgio de Chirico. Aveva appena compiuto 90 anni

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È morto il 1° gennaio nella sua casa di Cetona, in provincia di Siena, poco più di un’ora dopo lo scoccare del nuovo anno 2025, Ruggero Savinio, pittore e scrittore. Da poco, il 22 dicembre scorso, aveva compito 90 anni. Era nato a Torino nel 1934, ma da quasi mezzo secolo risiedeva stabilmente a Roma, città dove aveva trascorso anche gran parte dell’infanzia e della giovinezza.

Un artista di lunghissimo corso, celebrato da mostre personali e premiato con numerosi riconoscimenti sia in Italia sia all’estero. Un uomo mite, gentile e affabilissimo, che da tanto tempo aveva imparato a sorridere di quell’inevitabile associazione che lo aveva accompagnato nella vita, da sempre: Ruggero, figlio dinipote di… Eppure, su quel sentiero strettissimo tra due giganti del Novecento quali furono suo padre, Alberto Savinio (all’anagrafe Andrea de Chirico) e suo zio, Giorgio, inventore della Metafisica, Ruggero aveva saputo intraprendere un cammino artistico originale e tutto suo, lontano anni luce da ogni tentazione meramente imitatoria, ancorché consapevole di quella «pesantissima» e nobile eredità.

Dallo zio Giorgio, Ruggero aveva imparato i rudimenti della pittura, frequentandone la casa e lo studio fin da giovanissimo. Dal padre aveva ripreso, tra le altre cose, una vena eclettica che lo porterà a cimentarsi regolarmente tanto con i pennelli, quanto nella prosa. Il senso della pittura, pubblicato nel 2019 per i tipi di Neri Pozza, è il titolo di uno dei suoi ultimi libri. Pagine dove Savinio per l’ennesima volta era tornato anche a spiegare, con leggerezza e acume, il legame con i due Dioscuri del Novecento: «Io partecipo di due tradizioni, una pubblica e una privata. La tradizione privata famigliare certamente ha pesato sulla mia propria espressione, senza però impedirmi di esprimermi e di trovare, per fortuna, una buona accoglienza. Occorre, naturalmente, molto coraggio per perseguire un lavoro d’artista assediato da figure familiari ingombranti. Devo dire che sono stato aiutato dal grande incoraggiamento di mio padre Alberto, per cui ho intrapreso e proseguito una strada, per così dire, naturalmente. Da mio zio de Chirico ho cercato a suo tempo di apprendere almeno un po’ della sua sapienza. Da mio padre ho avuto una lezione di libertà, che per lui era la condizione più importante. E poi, come difesa della mia singolarità, mi sono attrezzato di una risposta alla domanda che mi viene invariabilmente rivolta: che cosa si prova a…?».

In tantissimi, da Maurizio Calvesi ad Arturo Carlo Quintavalle, hanno scritto dell’opera di Ruggero Savinio, quasi sempre ancorata a una pittura d’impianto «realistico» in cui però figure e paesaggi, pur riconoscibili, risultano come sospesi tra consistenza e dissolvenza. Giochi di luci e ombre, colori ora densi ora evanescenti in quadri saturi di ricordi vissuti, attenzione perenne alla storia dell’arte: tutte caratteristiche evocate anche nell’ultima e più importante mostra dedicata al suo lavoro di oltre 60 anni, Ruggero Savinio. Opere 1959-2022, allestita a Milano nell’Appartamento dei Principi del Palazzo Reale e curata da Luca Pietro Nicoletti.

Dieci anni prima, nel 2012, era stata la Galleria nazionale d’Arte moderna di Roma a dedicargli un’ampia antologica con oltre novanta tra dipinti e disegni, Percorsi della figura, stesso titolo di un altro libro di Ruggero, pubblicato nel 2004.

Tra le ultimissime opere dell’artista, la copertina che aveva disegnato per il numero de «la Lettura» del 22 dicembre scorso, giorno in cui aveva compiuto 90 anni: una figura femminile ritratta con pochi tocchi, immersa in lampi di luce, una sorta di musa moderna e «inquietante» sospesa tra mito — altro tema ricorrente della sua arte — classicità ed eredità novecentesca.

Prima di approdare stabilmente a Roma — l’ultima casa in piazza Dante, nel rione Esquilino, con studio a pochi passi, in via Poliziano, in precedenza aveva vissuto anche nell’abitazione paterna, dove amava dipingere sul terrazzo — Ruggero Savinio aveva trascorso lunghi periodi anche a Parigi, negli anni Cinquanta, e a Milano. La sua prima mostra collettiva, si era tenuta a Roma nel 1956 presso la Galleria L’Aureliana, con presentazione di Giuseppe Ungaretti, amico di famiglia di cui aveva seguito le lezioni di Letteratura italiana alla Sapienza. La personale d’esordio, nel 1962, fu invece a Milano, nella Galleria delle Ore di Giovanni Fumagalli. Due le partecipazioni alla Biennale di Venezia, nel 1998 e, con una sala tutta sua, nel 1995, stesso anno in cui fu nominato accademico di San Luca.

1 gennaio 2025 (modifica il 1 gennaio 2025 | 19:29)

1 gennaio 2025 (modifica il 1 gennaio 2025 | 19:29)