
«La Russia non accetterà una Moldavia sotto l’ombrello della Ue e quindi della Nato». Correva il 2009, e Bruxelles aveva appena inaugurato la Eastern partnership, un progetto di aiuti a sei Paesi dell’ex Unione Sovietica. Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina. La reazione del Cremlino fu durissima, con toni mai usati prima nei confronti dell’Europa. Fossero un po’ più spiritosi, a Mosca avrebbero fatto dell’ironia sullo sforzo Ue: appena 600 milioni. La fetta più piccola toccò al governo di Chisinau, che provvide a sperperarli in una spirale di corruzione.
Sostegno senza soldi
Quella minaccia da Mosca è stata ripetuta ieri da Sergey Mironov, presidente di Russia giusta, stampella ultranazionalista all’ampia maggioranza che sostiene Putin. «La Russia non tollererà un avamposto Nato in Moldavia», ha detto alla vigilia delle elezioni politiche di oggi. Incerte più che mai, a immagine e somiglianza di una terra divisa tra eredità sovietica e affinità culturale romena, quindi europea. L’interesse russo è indubbio, a prescindere dai tentativi di influenzare il voto. Tutti sanno che la Moldavia è quel Paese con l’Ucraina accanto e la Russia dentro, intesa come la Repubblica di Transnistria, entità creata nel 1992. Uno Stato satellite riconosciuto solo da Mosca, che vi mantiene una delle sue più grandi guarnigioni. Ma è anche vero che i brogli della parte filorussa servono a coprire una realtà difficile da accettare per l’Europa, causata da un sostegno più vocale che economico al Paese più povero d’Europa.
Fuori dalla capitale Chisinau, sembra di entrare in Unione Sovietica. I tentativi di truccare le urne sono reali, come dimostrano le rivelazioni della Reuters sui preti ortodossi reclutati da Mosca per fare propaganda. La presidente Maia Sandu rischiò grosso nell’ottobre scorso, con un inutile referendum sull’adesione alla Ue. Il fronte europeista venne salvato dalla diaspora. Comunque vada oggi, in assenza di interventi economici massicci, in un Paese dove l’unica cosa che unisce i due fronti è l’estrema miseria della popolazione, la tentazione di tornare al passato sarà sempre viva. Nonostante i proclami dell’Unione europea.
27 settembre 2025
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