
Le grandi firme del settore moda potrebbero presto essere sollevate dalle responsabilità che oggi la legge (la 231 del 2001) attribuisce loro anche sulle condizioni di lavoro nelle piccole o piccolissime aziende in fondo alla filiera. Un emendamento appena approvato dalla commissione Industria del Senato al ddl Pmi, proposto da esponenti di FdI, stabilisce che non sono punibili i gruppi della moda che «prima della commissione del fatto hanno adottato modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire reati» e se il compito di vigilare sul funzionamento di questi stessi modelli «è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo».
La protesta del sindacato e del Pd
«Ora è più chiaro perché il Ministro Urso ha convocato un tavolo solo con le imprese della moda, escludendo i sindacati di settore – lamenta Alessandro Genovesi della Cgil -. Mentre il sindacato, unitariamente, chiede di introdurre criteri di verifica sul corretto rapporto tra quantità prodotta e numero minimo di lavoratori, sulla corretta applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro, sulla limitazione dei livelli di subappalto e subfornitura, e su una maggiore responsabilità della committenza, il governo e il partito della premier fanno l’esatto contrario: riducono le tutele, abbassano la responsabilità dei committenti, cioè di chi vende a centinaia di euro prodotti pagati pochi euro a lavoratrici e lavoratori in nero».
15 ottobre 2025 ( modifica il 15 ottobre 2025 | 19:19)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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