
«Nessuno a Kiev ha chiuso occhio stanotte». Liuba stringe a sé la piccola Viola ancora addormentata mentre i missili e i droni piombano sulla capitale all’una di notte e vanno avanti per ore. Corre con la figlia in braccio verso un rifugio antiaereo. Suda. Viola è nata che la guerra era già iniziata. E ora ha due anni, inizia a pesare. Intorno a loro le urla e i volti insanguinati per le ferite delle schegge di vetro che Viola non scorderà per il resto della sua vita. È il peggior attacco sulla città dall’estate, quando fu colpito l’ospedale oncologico infantile. Dodici i morti, novanta i feriti inclusi sei bambini e due donne incinte. Bombardato un edificio di due piani con dodici appartamenti nel distretto di Sviatoshynskyi. A colpirlo, un missile balistico nordcoreano KN-23 (KN-23A), come ha precisato il presidente Zelensky. Ancora un obiettivo civile. Ancora morti. Ancora macerie nelle quali scavare perché magari si è salvato qualcuno, e bisogna crederci fino all’ultimo. Ma è alla pace che nessuno crede.
«Questo è quello che intende Putin per trattativa», ripetono in coro a Kiev. L’attacco è massiccio, su tutto il Paese. Ma è la capitale — ora che le forniture di Patriot sono azzerate — la più esposta e vulnerabile. Il presidente russo lo sa. Sa anche che sono andati male i colloqui a Londra e che gli europei — come spiega il Financial Times — si sono rifiutati di dare luce verde al riconoscimento dell’annessione illegale della Crimea. Quindi prende a schiaffi l’Ucraina. Si infuriano gli ucraini. «È quasi impossibile crederci, che il faro della democrazia si comporti così», dice la deputata ucraina Inna Sovsun. «La Russia vuole distruggerci», si arrabbia Olena Davydyuk, avvocata che vive vicino al luogo dell’attacco. Londra denuncia il «bagno di sangue perpetrato da Putin», Bruxelles ci vede la prova che il Cremlino è «il principale ostacolo alla pace». Torna di fretta e furia dal Sudafrica il presidente Volodymyr Zelensky interrompendo la sua visita. E prima di lasciare Pretoria dichiara: «Stiamo facendo tutto ciò che i nostri partner hanno proposto, tranne ciò che è contrario alla nostra Costituzione sull’integrità territoriale del Paese, compresa la Crimea». È sul no al riconoscimento di un’annessione illegale per il diritto internazionale che Kiev ha ricevuto il sostegno incondizionato dell’Ue. «La Crimea è l’Ucraina», ha ribadito non meno di due giorni fa l’Alta rappresentante per la politica estera europea, Kaja Kallas. Anche il presidente francese Macron si rifiuta: «Non spetta a noi farlo». Putin testa la pazienza di Washington. Vede fin dove può spingersi.
Intanto tra le vittime si contano anche fratello e sorella di 21 e 19 anni, figli di Yaroslav Kozlov, neurologo della clinica universitaria di Kiev. Mentre decine di compagni di classe e amici di Danylo Khudya, 17 anni, si riuniscono per vegliare. «Danya» è ancora disperso sotto le macerie, insieme ai suoi genitori. I soccorritori scavano. Forse lì sotto da qualche parte c’è ancora speranza. Poi il silenzio cala. Hanno trovato un corpo. Un altro. Ma è senza vita.
24 aprile 2025
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